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31/12/2016 Il nuovo quadro giuridico europeoprotezione

Persona, diritti, innovazione

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La misura delle nostre liberta' e', dunque, fortemente condizionata dall’operato delle grandi imprese dell’economia digitale.

In questo scenario interviene il nuovo quadro giuridico europeo in materia di protezione dati (regolamento generale e direttiva inerente i settori di giustizia e polizia) da poco piu' di un anno pubblicato in Gazzetta ufficiale e tra poco meno di un anno applicabile negli Stati membri (con l’intermediazione della normativa di recepimento per la direttiva).

A questi si aggiungera' fra breve il nuovo, specifico regolamento sulle comunicazioni elettroniche.

Nato dall’esigenza di evitare quel rischio di anacronismo che corre sempre il diritto nel suo rapporto con la tecnologia, il regolamento generale sulla protezione dati conia una disciplina uniforme e direttamente applicabile nel territorio dell’Unione, cosi' da superare le asimmetrie tra ordinamenti, rese possibili dal recepimento non del tutto omogeneo della direttiva 95/46/CE.

Estende inoltre il proprio ambito di applicazione anche ai soggetti stabiliti al di fuori dell’Unione, superando cosi' disparita' di trattamento inaccettabili anche sotto il profilo concorrenziale, rispetto a operatori europei che offrono i medesimi servizi.

Questo e', del resto, il portato di una giurisprudenza che ha sempre piu' tentato di superare lo schermo dei confini nazionali per garantire un’adeguata tutela a un diritto, quale quello alla protezione dati che, poiche' fondamentale, pertiene alla persona in quanto tale, a prescindere da ogni altro requisito.

Proprio l’esigenza di assicurare ai cittadini europei una tutela adeguata anche rispetto a chi ne trattasse i dati oltreoceano, aveva indotto la Corte di giustizia ad annullare il Safe Harbour, recentemente sostituito da un nuovo accordo sul trasferimento dei dati: il Privacy Shield.

In applicazione del nuovo accordo il Garante ha gia' autorizzato il trasferimento di dati negli Usa, riservandosi di effettuare verifiche sulla correttezza delle operazioni realizzate.

Tuttavia le prime scelte adottate in materia dalla nuova Amministrazione degli Stati Uniti, in contrasto con quella precedente, rischiano di riallargare lo iato tra Europa e Stati Uniti.

Ma quel rigore, doverosamente utilizzato dalle autorita' di protezione dei dati europee per valutare il sistema di garanzie statunitensi, deve imporci di utilizzare gli stessi parametri in tutti gli altri contesti, a partire dalla valutazione dei trasferimenti di dati verso la Cina, conseguenti alla crescente presenza nel mercato europeo degli operatori di tale Paese.

Dovremo batterci per promuovere uno scudo privacy anche con la Cina. Soprattutto in ragione dell’evoluzione che ha caratterizzato il modello europeo, con il regolamento emancipato dalla dimensione riduttiva del mercato interno, in favore del piu' ampio approccio di tutela di un diritto fondamentale, sancito come tale dai trattati e dalla Carta di Nizza.

E concepire la protezione dati quale punto d’incidenza di molteplici diritti e liberta' non puo' che avere implicazioni importanti.

In primo luogo, la scelta di un modello giuridico di tutela fondato sul ruolo di garanzia di autorita' indipendenti, sempre piu' partecipi di una rete istituzionale di matrice europea.

Rilevante, in questo senso, non solo il rafforzamento delle forme di cooperazione tra autorita' nazionali, ma anche il ruolo attribuito - con funzioni non solo consultive ma anche dispositive - al Comitato europeo per la protezione dei dati (l’European Data Protection Board), all’interno del quale il Garante siedera' a fianco delle altre autorita' europee.

Dall’approccio orientato ai diritti deriva anche il passaggio da una tutela in chiave prevalentemente remediale, dunque successiva, a una di tipo essenzialmente preventivo. Fondata, come tale, sulla minimizzazione del rischio di violazione attraverso tecniche di protezione fin dalla progettazione e con impostazioni predefinite ma anche mediante la complessiva responsabilizzazione dei titolari del trattamento, nella prevenzione del rischio “sociale” derivante da banche dati poco protette.

E se il contesto normativo italiano in cui le norme europee si innesteranno offre gia' oggi significative garanzie, cio' su cui invece si dovra' puntare e' un investimento - non solo in termini economici ma anche istituzionali, politici, culturali - nella protezione dati.

Essa appare sempre di piu' una risorsa strategica di sviluppo e addirittura di sicurezza complessiva del Paese, fattore abilitante e di competitivita', dunque da assicurare non gia' per mero obbligo di legge o adempimento burocratico, ma nell’interesse di tutti.

L’implementazione del regolamento necessitera', dunque, prima di tutto di un mutamento culturale da parte di amministrazioni e imprese, cittadini e Stato, affinche' la protezione dati sia considerata non gia' un costo, ma la risorsa essenziale in una societa' sempre piu' digitale e interconnessa.

Fonte: Garante - Discorso Presidente 2016

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