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L’intervento odierno del presidente dell’Autorità garante per la tutela dei dati personali, XXX, di fronte alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, presso la Sala del Mappamondo, nell’ambito dell’esame del disegno di legge recante Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici.
Ringrazio le Commissioni per l’opportunità di questo confronto, che verterà solo sulla seconda parte del disegno di legge, in quanto oggetto di più specifica competenza del Garante.
Il testo disciplina un tema tanto complesso quanto di primaria rilevanza per la democrazia.
La trasparenza del finanziamento dei partiti e della loro attività è, infatti, necessaria per la garanzia della correttezza nella competizione politica e per lo stesso consapevole esercizio del diritto di voto e della libertà di associazione politica da parte dei cittadini: i quali hanno il diritto di conoscere eventuali cointeressenze tra i partiti e i soggetti più vari che ne sostengano l’azione.
Questa consapevolezza è, peraltro, naturale implicazione del carattere democratico dell’associazionismo politico tutelato dall’art. 49 della Costituzione.
E democrazia è anzitutto, come noto, governo del potere visibile.
L’opacità nel finanziamento delle formazioni politiche ha rappresentato, del resto, uno dei principali fattori della crisi di fiducia dei cittadini nei partiti, nelle istituzioni rappresentative e nei meccanismi democratici, dei quali appunto l’associazionismo politico è necessario presupposto.
Per questa ragione sono indubbiamente opportune le norme volte a promuovere un maggior grado di trasparenza della vita interna dei partiti e, in particolare, delle loro fonti di finanziamento.
Tuttavia, nella concreta definizione di tale disciplina è indispensabile coniugare, nella maniera più equa possibile, tale esigenza con il rispetto del diritto alla protezione dei dati personali, sancito come fondamentale dal diritto europeo di rango primario e articolato in un quadro giuridico che, per la stessa natura della fonte, vincola in molte parti la stessa discrezionalità legislativa interna.
Andrebbe, dunque, tracciato il limite, oltre il quale la pubblicità delle sovvenzioni erogate alle formazioni politiche leda lo stesso nucleo essenziale del diritto fondamentale alla protezione dei dati, incomprimibile per espressa previsione generale della Carta di Nizza (art. 52).
Il diritto alla protezione dei dati personali è, del resto, esso stesso necessario presupposto di democrazia in quanto consente la libera espressione della personalità anche nelle formazioni sociali ove essa si svolga, per citare l’art. 2 della Costituzione a cui, tradizionalmente, si sono ricondotti la dignità e il diritto alla riservatezza, alla prima funzionale.
A venire in rilievo nella materia in esame è, peraltro, un dato personale assistito da particolare tutela.
L’informazione sui contributi forniti a un determinato partito politico o movimento (o, vedremo, più avanti, anche a fondazioni a carattere politico) può rivelare infatti l’orientamento politico dell’interessato.
Pertanto, il dato relativo al contributo erogato a partiti e movimenti è stato, anche in passato, considerato dato sensibile e come tale meritevole di tutela rafforzata dalla disciplina vigente da oltre vent’anni.
La ratio di tale tutela rafforzata va individuata nell’esigenza di consentire il libero esercizio delle libertà democratiche, al riparo dal rischio di stigmatizzazioni motivate, appunto, da avversione politica, ideologica, sindacale ecc., suscettibile di essere alimentata dall’indiscriminata pubblicità di informazioni sulle convinzioni del singolo cittadino.
Non a caso, la direttiva 95/46 e il Codice prima, nonché il Regolamento adesso, hanno sempre ammesso la circolazione endoassociativa di tali dati sensibili, anche prescindendo dal consenso dell’interessato, con il solo limite, appunto, della diffusione o comunicazione all’esterno, proprio ad evitare i rischi insiti nell’indiscriminata pubblicità dei dati in esame.
Naturalmente ciò non vuol dire che la disciplina di protezione dati osti in linea generale alla pubblicità delle informazioni sul finanziamento dei partiti.
Tuttavia, proprio in ragione della particolare natura di tali dati personali, la relativa disciplina deve poter tracciare, al punto più alto, l’equilibrio tra esigenze di trasparenza della gestione (anche) finanziaria dei partiti e diritto alla protezione dei dati personali del donante.
Il quale – è bene ribadirlo – è protetto, nella misura che si intenda stabilire, solo se persona fisica, dal momento che le persone giuridiche non rappresentano soggetti di diritto, in senso proprio, ai fini della disciplina di protezione dati.
In questa prospettiva, va dunque protetta la riservatezza del militante che potrebbe – per il timore di ritorsioni o discriminazioni, magari anche in ambito lavorativo, derivanti dall’indiscriminata pubblicità del dato sulla sovvenzione erogata - essere indotto a rinunciare a tale forma di contribuzione.
Naturalmente, va stabilita la soglia idonea a distinguere la modica donazione del militante volta a contribuire alla vita del partito cui sente di appartenere, dal finanziamento sistematico, o comunque rilevante, che merita invece pubblicità per garantire trasparenza su rapporti in senso lato “debitori” e sulle cointeressenze suscettibili di influenzare la stessa linea politica seguita.
Nel merito
Esaminando dunque, in prospettiva, le norme del disegno di legge, possiamo formulare in estrema sintesi queste considerazioni.
La norma prevede la divulgazione in internet dell’identità dell’autore di sovvenzioni superiori alla soglia di 500 euro, oltre che dell’entità del contributo.
La diffusione telematica di dati “sensibili” è disciplinata dall’art. 9 del GDPR, ammessa quando sussistano motivi di interesse pubblico rilevante, in base ad espressa previsione contenuta in norma legislativa o regolamentare.
Tale previsione normativa – precisa l’art. 9, par. 2, lett. g) – deve essere proporzionata al fine perseguito (il canone di proporzionalità è, cioè, riferito allo stesso presupposto normativo),
deve rispettare l’essenza del diritto e
prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti dell’interessato
La rilevanza dell’interesse pubblico perseguito – ovvero la trasparenza dei finanziamenti dei partiti, in vista del controllo democratico – è in questo caso indubbia.
E tuttavia la norma potrebbe essere perfezionata, in ordine al carattere di proporzionalità rispetto al fine perseguito.
Una delle soluzioni possibili potrebbe essere quella di articolare diversamente le modalità di assolvimento di tale obbligo di pubblicazione.
In tal senso si dovrebbe prevedere il termine di pubblicazione su internet, auspicabilmente di durata più ridotta rispetto a quello sancito per la conservazione del registro tenuto dal partito, recante le annotazioni delle donazioni con le medesime informazioni.
L’individuazione della soglia oltre la quale scatta l’obbligo di pubblicazione è prerogativa discrezionale del legislatore, che nel rispetto del principio di proporzionalità, deve appunto verificare entro quali limiti vada protetta la riservatezza del sovventore.
A tal fine può essere utile considerare, ad esempio, che il regolamento Ue, 2014/1141, sul finanziamento dei partiti europei, delinea in questo senso una gradazione degli obblighi di pubblicità proporzionale all’entità del contributo.
In particolare, la norma qualifica come donazioni di piccola entità (e come tali sottratte all’obbligo di pubblicazione) quelle inferiori a 1.500 euro.
Per i contributi superiori a tale entità ma inferiori a 3.000 euro, la pubblicazione telematica (su un portale dedicato del Parlamento europeo) è invece soggetta all’obbligo del consenso.
Un obbligo di pubblicazione in senso stretto, che prescinde dal consenso dell’interessato, è stabilito solo per le sovvenzioni superiori ai 3.000 euro.
Il richiamato regolamento prevede poi specifichi obblighi in tema di conservazione dei dati (possibile per massimo due anni dall’inizio della pubblicazione), divieto di utilizzo per altre finalità, adozione di misure tecniche e organizzative idonee a prevenire ogni forma di trattamento illegittimo, risarcimento del danno da illegittimo trattamento.
In ordine alla previsione di misure appropriate e specifiche a tutela dell’interessato, andrebbero dunque previste, anche nel disegno di legge, modalità di assolvimento dell’obbligo di pubblicità in forma non indicizzabile e protetta dal rischio di alterazione, copia ecc.
Tali garanzie potrebbero anche essere previste da un regolamento attuativo.
La prevista estensione alle fondazioni, associazioni o comitati a carattere politico degli obblighi di trasparenza previsti per i partiti, si può ritenere senza dubbio ragionevole, nella misura in cui assoggetta al medesimo regime di trasparenza previsto per i partiti, gli enti a carattere politico che spesso ne supportano attivamente le iniziative.
In tal senso depone anche il citato regolamento europeo del 2014, che estende gli obblighi di pubblicità previsti per i partiti alle fondazioni “politiche”, oggetto tuttavia di specifica registrazione.
Se, dunque, tale ampliamento degli obblighi di pubblicità pare giustificabile in ragione dell’identità del fine perseguito, va tuttavia circoscritto adeguatamente l’ambito di operatività della norma, selezionando – all’interno del variegato ambito associativo – gli enti che effettivamente svolgano un ruolo attivo di supporto a partiti e movimenti.
Il modello europeo è, in questo senso, significativo, nella misura in cui assicura, attraverso la registrazione, la necessaria certezza del diritto in relazione agli obblighi di trasparenza da osservare, minimizzando il rischio di un’interpretazione eccessivamente ampia dell’ambito di operatività della norma, che altrimenti finirebbe con l’assoggettare ai previsti obblighi di pubblicità anche fondazioni prive di effettiva natura politica.
Pertanto, è opportuno meglio definire gli indicatori di collegamento con la politica che, secondo la norma, consentono di ascrivere natura politica a fondazioni, associazioni, comitati.
Infine
La previsione della diffusione obbligatoria, sul sito del partito, del certificato penale dei candidati in competizioni elettorali, integra invece un trattamento di dati “relativi a condanne penali e reati” che, come già i dati giudiziari nella disciplina previgente, godono di una tutela rafforzata in ragione della natura particolarmente stigmatizzante dell’informazione che rivelano.
Requisito necessario per la legittimità di simili trattamenti è non soltanto la previsione in base a norma legislativa o regolamentare, ma anche il rispetto del canone di proporzionalità e la previsione di garanzie appropriate.
Sotto il primo profilo (proporzionalità), è anzitutto opportuno un raccordo tra tale previsione e la disciplina dell’incandidabilità per la specifica competizione elettorale in questione.
Dal momento che la condanna definitiva per diversi reati è causa ostativa alla stessa candidatura, è evidente che i certificati penali dei candidati ammessi non potranno che riportare, quali eventuali iscrizioni, solo condanne (definitive) per reati che il legislatore ha ritenuto non ostativi alla candidatura.
Tale circostanza determina il singolare effetto per il quale si impone ai partiti la costituzione di una sorta di “casellario giudiziale telematico”, inerente tuttavia reati ritenuti dal legislatore irrilevanti ai fini dell’incandidabilità.
La ratio di tale previsione consisterebbe allora nel fornire al cittadino un quadro più completo sulla condotta del candidato, la cui proporzionalità tuttavia va attentamente valutata.
Tale previsione imporrebbe, infatti, una rilevante limitazione della riservatezza per esigenze di pubblicità rispetto a illeciti ritenuti non tali da integrare una specifica ipotesi di “indegnità morale” del candidato.
Sotto il secondo profilo (garanzie appropriate), occorre valutare se il tipo di pubblicazione ipotizzato (divulgazione sul sito web di partiti e movimenti) sia in quanto tale compatibile con tali garanzie, in ragione del rischio di riproduzione, alterazione, indiscriminata circolazione che necessariamente porta con sé la diffusione in rete.
Si dovrebbe allora prevedere un accesso selettivo, con credenziali rilasciate a chiunque ne abbia interesse, dietro specifica richiesta, a tali dati resi disponibili in formato protetto dal rischio di copia o alterazione, per un tempo proporzionato alle esigenze perseguite.
Tali garanzie potrebbero anche essere previste da un regolamento attuativo (cfr. art. 2-octies), da emanarsi su parere del Garante.
Fonte: key4biz - Quotidiano online sulla digital economy e la cultura del futuro