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31/12/2013 La videosorveglianza in ambito pubblico
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Garante - Relazione 2013

Anche nel corso del 2013, frequenti richieste si sono incentrate sulla necessità di sottoporre (o meno) alla verifica preliminare dell’Autorità sistemi di videosorveglianza (come previsto nel provvedimento generale in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010, doc. web n. 1712680). A tal riguardo, in presenza di una richiesta di autorizzazione e di verifica preliminare ai sensi dell’art. 17 del Codice da parte di un comune in relazione al trattamento di dati personali che intendeva effettuare tramite sistemi di videosorveglianza intelligenti “con riconoscimento facciale e veicolare dei trasgressori”, per controllare il deposito di rifiuti domestici in orari non consentiti nonché di rifiuti ingombranti, inquinanti e pericolosi, al fine di procedere alla relativa contestazione dei verbali di violazione, l’Ufficio ha fornito alcuni chiarimenti in ordine all’autorizzazione e ha manifestato l’esigenza di conoscere taluni elementi utili alla istruttoria (tra i quali la modalità di funzionamento del sistema di riconoscimento delle caratteristiche fisionomiche degli interessati, l’eventuale collegamento, incrocio o confronto con altri dati personali, il contesto in cui il predetto sistema sarebbe stato installato nonché l’eventuale capacità dello stesso di rilevare i percorsi degli interessati). Poiché gli elementi forniti dal comune non risultavano rientrare tra le ipotesi individuate nel provvedimento generale del 2010 in cui è necessario sottoporre i sistemi di videosorveglianza alla verifica preliminare dell’Autorità, non è stato dato seguito alla richiesta (note 13 settembre 2013 e 8 gennaio 2014). Un’azienda di trasporti, partner di un progetto europeo volto a sviluppare un sistema di sicurezza del trasporto pubblico nelle città europee, ha chiesto la verifica preliminare per i trattamenti di dati personali effettuati tramite sistemi di videosorveglianza “intelligenti” ideati per la realizzazione del progetto. A seguito di un incontro svoltosi presso l’Ufficio, è stato precisato che, in realtà, si sarebbero realizzate soltanto delle rappresentazioni con attori consenzienti e che l’azienda non avrebbe, quindi, trattato alcun dato personale dei passeggeri del trasporto pubblico. Nel prendere atto di quanto dichiarato, l’Ufficio ha comunicato l’archiviazione della richiesta (nota 26 giugno 2013). Anche la Città di Venezia ha formulato una richiesta di verifica preliminare in ordine ad un sistema di videosorveglianza denominato “Argos” volto a monitorare la navigazione nei rii, canali e tratti più interessati dal traffico acqueo. Al fine di acquisire elementi necessari all’esame dei sistemi da utilizzare, sono stati avviati contatti per le vie brevi e richiesti chiarimenti, anche in vista di un incontro da tenersi presso la sede dell’Ufficio. Alla luce delle indicazioni fornite, il trattamento dei dati personali non è risultato da qualificare tra quelli da sottoporre alla verifica preliminare dell’Autorità. È stato dato seguito, invece, ad una richiesta di verifica preliminare presentata dalla Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei in relazione all’intenzione di allungare i tempi di conservazione delle immagini raccolte tramite il “Sistema di videosorveglianza dell’area archeologica di Pompei”. La Soprintendenza ha sottoposto al Garante la richiesta di prolungamento del periodo di conservazione delle immagini registrate mediante talune telecamere dedicate a sorvegliare i cantieri e le aree di stoccaggio del “Grande Progetto Pompei” nonché i varchi di accesso riservati al transito del personale e dei mezzi diretti ai cantieri medesimi, per un periodo superiore alla settimana, presentando, a supporto di tale istanza, una richiesta della Direzione investigativa antimafia - Centro operativo di Napoli. Al riguardo, la citata Direzione aveva valutato che l’arco temporale individuato appariva adeguato in considerazione dei tempi occorrenti per il restauro dei diversi siti archeologici, considerato che le relative fasi di fornitura dei materiali o il noleggio di mezzi, normalmente si esauriscono all’interno di tale periodo temporale. La Soprintendenza Speciale ha dichiarato che l’attività di videosorveglianza interessata dalla verifica preliminare avrebbe supportato l’attività della Prefettura volta a controllare, soprattutto a fini di prevenzione antimafia, la regolarità degli accessi e delle presenze in cantiere e non sarebbe stata quindi finalizzata al controllo dell’attività dei lavoratori. L’Autorità ha richiamato il provvedimento generale dell’8 aprile 2010 e le speciali disposizioni di legge, entrate in vigore prima della normativa in materia di protezione dei dati personali, che prevedono la possibilità di installare impianti audiovisivi presso i musei statali per il controllo continuativo ed ininterrotto dei beni culturali esposti o depositati, con finalità di prevenzione e di tutela da azioni criminose e danneggiamenti (d.l. 14 novembre 1992, n. 433, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 gennaio 1993, n. 4); considerati quindi gli elementi acquisiti, anche sulla scorta delle valutazioni espresse dalla Direzione investigativa antimafia, è stata ritenuta sussistente una specifica esigenza di sicurezza, in relazione ad una concreta situazione di rischio. È stato pertanto ritenuto congruo un allungamento dei tempi di conservazione delle immagini per il periodo richiesto, in quanto rispettoso del principio di proporzionalità, che prevede la conservazione dei dati personali oggetto di trattamento, in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un arco di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati (art. 11, comma 1, lett. e), del Codice; punto 3.4. del citato provvedimento), pendente la rappresentata eccezionale necessità. È stato comunque precisato che, ove l’attività di sorveglianza dei cantieri consenta, pur non essendovi preordinata, un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, resta ferma l’esigenza che venga rispettato il provvedimento generale del Garante dell’8 aprile 2010, con particolare riferimento alle garanzie previste per i lavoratori dagli artt. 114 del Codice e 4, l. 20 maggio 1970, n. 300 (provv. 3 ottobre 2013, n. 428, doc. web n. 2724840). Analogamente, con riferimento all’istanza presentata da Sogei per ottenere l’autorizzazione all’allungamento dei tempi di conservazione delle immagini videoregistrate presso la sede della società, il Garante ha ammesso la conservazione per trenta giorni delle immagini raccolte attraverso il sistema di videosorveglianza. È stata valutata, infatti, la peculiarità dell’attività di Sogei, che conserva e custodisce nella propria banca dati l’intera Anagrafe tributaria, il cui Sistema Informativo della Fiscalità è fra i più complessi e strategici nell’ambito della p.a. Il sistema di videosorveglianza descritto ha la finalità di proteggere le banche dati da accessi non autorizzati e di tutelare le apparecchiature hardware e i prodotti software utilizzati per la loro gestione, nonché i beni e le persone che operano all’interno dei locali e nelle aree aziendali. La richiesta di estendere il periodo di conservazione delle immagini era stata motivata, in particolare, da specifiche esigenze di sicurezza finalizzate a prevenire minacce terroristiche, rischi di intrusione e possibili azioni criminose e in alcun modo finalizzata ad un controllo dell’attività dei lavoratori. Nell’accogliere la richiesta presentata, il Garante ha tenuto conto della particolare delicatezza e della mole dei dati trattati dall’Anagrafe tributaria nonché delle specifiche esigenze di sicurezza e di protezione di banche dati, beni aziendali e persone, in relazione ad una concreta situazione di rischio, valutata anche dal Ministero dell’economia e delle finanze - Organo centrale di sicurezza (provv. 28 novembre 2013, n. 532, doc. web n. 2803442). Anche l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) - Centro ricerche Frascati, ha richiesto al Garante di poter allungare i tempi di conservazione delle immagini raccolte mediante i sistemi di videosorveglianza fino a quattordici giorni durante i periodi di chiusura del Centro. Tale richiesta è stata motivata sulla base della necessità di impedire l’accesso fraudolento in alcuni locali dove si trovano impianti e/o sostanze potenzialmente nocive per la salute, nonché ulteriori furti di rame, considerato il frequente susseguirsi di tali eventi, da considerarsi “altamente probabili e quindi incombenti”. A sostegno della citata richiesta, l’Agenzia ha rappresentato che nei laboratori del Centro vengono effettuate attività di ricerca e sviluppo di applicazioni delle radiazioni relative a sorgenti laser (a gas, a stato solido, a elettroni liberi) e applicazioni laser nel campo della diagnostica (ambientale, industriale e medicale) dei nano e micro sistemi, della metrologia e della visione laser; da ciò deriverebbero specifici rischi legati all’utilizzo di sostanze chimiche, gas pericolosi e radiazioni non ionizzanti e, con particolare riguardo alle attività nucleari, anche rischi di eventi delittuosi gravi. Infine, è stato assicurato che, decorso il periodo di conservazione, le registrazioni verrebbero cancellate e comunque non utilizzate per il controllo a distanza dei dipendenti. La specifica esigenza di sicurezza, riconnessa alla delicatezza dell’attività di ricerca svolta e ai concreti rischi di sottrazione indebita di materiali ed apparecchiature ha indotto il Garante ad accogliere la richiesta di verifica preliminare relativa all’allungamento dei tempi di conservazione delle immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza dall’Enea, chiarendo che l’accesso alle stesse avrebbe potuto essere effettuato solo nel caso in cui fossero ravvisati o segnalati eventuali illeciti oppure in caso di richiesta in tal senso da parte dell’autorità giudiziaria (provv. 11 aprile 2013, n. 178, doc. web n. 2464185). Le richieste di verifica preliminare non hanno riguardato soltanto l’allungamento dei tempi di conservazione delle immagini, ma anche trattamenti di dati personali effettuati tramite sistemi di videosorveglianza cd. “intelligenti”. Si fa riferimento, segnatamente, alla richiesta di attivazione da parte di un comune di un particolare sistema di videosorveglianza nell’ambito dell’attività di sicurezza urbana, al fine di evitare atti vandalici e danneggiamenti a monumenti e sedi istituzionali. In particolare, il sistema di videosorveglianza sottoposto all’esame dell’Autorità risultava composto da dieci telecamere, con inquadratura fissa, che avrebbero azionato un allarme, a seguito della rilevazione della permanenza prolungata da parte di un individuo, per oltre 30 secondi, nell’area virtuale contrassegnata da un’immaginaria linea di interdizione adiacente ai siti monumentali, e per oltre 60 secondi, per quella situata in prossimità delle sedi istituzionali. L’allarme, di tipo ottico/acustico, si sarebbe manifestato sul monitor della postazione di controllo, richiamando l’attenzione dell’operatore di polizia locale addetto alla centrale operativa per il quale si sarebbero rese visibili le informazioni dettagliate dell’evento, al fine di consentire un eventuale pronto intervento. Il sistema descritto, in base al provvedimento del 2010 in materia di videosorveglianza, era stato correttamente sottoposto alla verifica preliminare dell’Autorità, in quanto rientrante tra i sistemi di ripresa “intelligenti” che non si limitano a riprendere e registrare le immagini, ma sono in grado di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, segnalarli ed eventualmente registrarli. Il Garante si è quindi espresso evidenziando che il sistema, per le sue caratteristiche, non avrebbe comportato in concreto un pregiudizio rilevante per i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini, in quanto, nel rilevare la presenza prolungata degli interessati nell’area adiacente ai monumenti e alle sedi istituzionali, avrebbe avuto come unico effetto quello di richiamare l’attenzione dell’operatore di polizia addetto alla centrale operativa al fine di favorire, se necessario, un tempestivo intervento. Dalla documentazione trasmessa in atti non è risultata l’attivazione di ulteriori funzionalità del sistema, eventualmente legate al comportamento dell’interessato ripreso, quali, ad esempio, la capacità di rilevarne i percorsi, l’analisi audio, la geolocalizzazione o il riconoscimento tramite incrocio con ulteriori specifici dati personali o confronto con una campionatura precostituita. Il Garante ha ritenuto quindi proporzionato il trattamento dei dati personali che il comune intendeva effettuare per le finalità di sicurezza urbana, valutata l’esigenza di tutela dei siti monumentali – già oggetto di atti vandalici – e istituzionali, nonché la dichiarata inadeguatezza delle misure di controllo alternative determinata dall’esiguità del personale a disposizione. L’Autorità ha però richiesto che nell’informativa fossero chiaramente evidenziate le caratteristiche del sistema (con particolare riguardo alla rilevazione e segnalazione della presenza prolungata nelle aree delimitate dalla linea di interdizione virtuale in prossimità delle sedi e degli edifici selezionati), richiamando altresì l’attenzione sulle misure di sicurezza da adottare, al fine di consentire, in particolare, la verifica delle attività sugli accessi alle immagini o sul controllo dei sistemi di ripresa, nonché sulla necessità di rispettare i tempi limitati di conservazione delle immagini registrate (provv. 21 marzo 2013, n. 136, doc. web n. 2380059). Sono stati altresì forniti chiarimenti in merito all’installazione di sistemi di video - sorveglianza mobili, a seguito di una specifica istanza formulata da un comune che intendeva installare tali sistemi “al fine di combattere efficacemente il dilagante fenomeno dell’abbandono incontrollato di rifiuti (pericolosi e non) nel centro abitato e nelle campagne”. Al riguardo è stato rappresentato che l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza, anche di tipo mobile, risulta lecito con riferimento alle attività di controllo volte ad accertare l’utilizzo abusivo di aree impiegate come discariche di materiali e di sostanze pericolose solo se non risulta possibile, o si riveli inefficace, il ricorso a strumenti e sistemi di controllo alternativi (cfr. punto 5.2. del provvedimento generale). Analogamente, l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza è lecito se risultano inefficaci o inattuabili altre misure nei casi in cui si intenda monitorare il rispetto delle disposizioni concernenti modalità, tipologia ed orario di deposito dei rifiuti, la cui violazione è sanzionata amministrativamente (nota 19 novembre 2013). Sempre con riferimento a sistemi mobili di videosorveglianza, si menziona la richiesta di chiarimenti da parte del Dipartimento vigili del fuoco-soccorso pubblico e difesa civile in ordine alla possibilità di equipaggiare i veicoli in dotazione, impegnati nel servizio di soccorso tecnico urgente, di un sistema di apparati mobili di videosorveglianza di bordo; ciò consentirebbe la registrazione di flussi audio-video georeferenziali e la trasmissione in tempo reale delle informazioni rilevate alla sala operativa di ciascun Comando provinciale, competente per territorio, e al sistema centrale di gestione ubicato presso il Comando provinciale di Napoli. Al riguardo, l’Ufficio ha rilevato che talune disposizioni del Codice, tra le quali quella riguardante l’obbligo di fornire una preventiva informativa agli interessati, non sono applicabili al trattamento di dati personali effettuato, anche sotto forma di suoni e immagini, dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da Forze di polizia sui dati destinati a confluirvi in base alla legge, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati, ove effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento (art. 53 del Codice). Alla luce di tale previsione, è stato rappresentato che per i predetti titolari del trattamento, tra i quali rientrano anche gli appartenenti al Corpo dei vigili del fuoco (art. 8, l. 27 dicembre 1941, n. 1570) quando pongono in essere trattamenti riconducibili a quelli previsti dall’art. 53 del Codice – relativi, ad esempio, al contrasto di atti criminosi compiuti con l’uso di armi nucleari, batteriologiche, chimiche e radiologiche (cfr. art. 24, comma 5, lett. a), d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139) –, vale la regola secondo la quale l’informativa può non essere resa, sempre che appunto i dati personali siano trattati per il perseguimento delle finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati e il trattamento sia comunque effettuato in base ad espressa disposizione di legge che lo preveda specificamente. Al fine di rafforzare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati, l’Autorità ha tuttavia ritenuto fortemente auspicabile che l’informativa – benché non obbligatoria, laddove l’attività di videosorveglianza sia espletata ai sensi dell’art. 53 del Codice – sia comunque resa in tutti i casi nei quali non ostano in concreto specifiche ragioni di tutela e sicurezza pubblica o di prevenzione, accertamento o repressione dei reati. Ciò naturalmente all’esito di un prudente apprezzamento volto a verificare che l’informativa non ostacoli, ma anzi rafforzi, in concreto l’espletamento delle specifiche funzioni perseguite, tenuto anche conto che rendere palese l’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza può, in molti casi, svolgere una efficace funzione di deterrenza; in ogni caso, anche se i titolari si avvalessero della facoltà di fornire l’informativa, resta salva la non applicazione delle restanti disposizioni del Codice tassativamente indicate dall’art. 53, comma 1, lett. a) e b). È stato sottolineato, al contrario, che deve essere fornita un’idonea informativa in tutti i casi in cui i trattamenti di dati personali effettuati tramite l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza dalle Forze di polizia, dagli organi di pubblica sicurezza e da altri soggetti pubblici non siano riconducibili a quelli espressamente previsti dall’art. 53 del Codice (cfr. punti 3.1.1. e 3.1.2. del provvedimento generale del 2010) (nota 5 marzo 2013). L’Autorità è altresì intervenuta, a seguito di notizie riportate dagli organi di informazione, per verificare la correttezza del trattamento dei dati personali effettuato tramite un sistema di videosorveglianza previsto presso il territorio costiero dell’area marina protetta Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre da un comune sardo in collaborazione con l’Agenzia conservatoria delle coste della Sardegna; in particolare, sono stati richiesti elementi in ordine alle modalità di configurazione del sistema con le quali si sarebbe inteso garantire il rispetto dei principi di necessità e di proporzionalità sia nella scelta della modalità di ripresa e di dislocazione delle telecamere, sia nelle varie fasi del trattamento, avendo cura di specificare l’eventuale identificabilità dei soggetti ripresi nonché se fosse previsto l’inserimento delle immagini raccolte sulla rete internet (nota 17 giugno 2013). Al riguardo, il comune ha chiarito che le telecamere, ancora da attivare e preordinate a verificare le condizioni meteo-marine nonché a valutare l’erosione costiera, sarebbero state configurate in modo da non consentire di effettuare riprese particolareggiate tali da rendere identificabili i soggetti ripresi. Sempre in tema di videosorveglianza di aree marine, un comune sardo ha comunicato all’Autorità l’intenzione di installare alcune webcam presso spiagge e punti panoramici, con finalità di promozione turistica. Al riguardo, è stato evidenziato che l’attività di rilevazione di immagini a scopi promozionali-turistici deve avvenire con modalità che rendano non identificabili i soggetti ripresi. Ciò in considerazione delle peculiari modalità del trattamento, dalle quali deriva un concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per gli interessati: le immagini raccolte tramite tali sistemi, infatti, vengono inserite direttamente sulla rete internet, consentendo a chiunque navighi sul web di visualizzare in tempo reale i soggetti ripresi e di utilizzare le medesime immagini anche per scopi diversi dalle finalità promozionali-turistiche o pubblicitarie perseguite dal titolare del trattamento (punto 4.5 del provvedimento generale del 2010) (nota 22 luglio 2013). L’Ufficio è stato interpellato dal Dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in ordine alla legittimità di un dispositivo per l’accertamento a distanza della violazione del limite di velocità – rispetto al quale aveva ricevuto una richiesta di omologazione – anche attraverso riprese frontali del veicolo con il quale viene commessa l’infrazione. Sul punto, come evidenziato nel corso di un incontro preliminare, sono state richiamate le indicazioni fornite dal Garante nel provvedimento del 2010, precisando che, in conformità al quadro normativo di settore in materia di violazioni al codice della strada, le risultanze video/fotografiche devono contenere solo gli elementi previsti per la predisposizione del verbale di accertamento delle violazioni (tra i quali, il giorno, l’ora e la località nei quali la violazione è avvenuta, le generalità e residenza del trasgressore, la targa di riconoscimento, la sommaria esposizione del fatto, nonché la citazione della norma violata, cfr. art. 383, d.P.R. n. 495/1992); pertanto, devono essere oscurate le immagini rilevate incidentalmente, non pertinenti rispetto alla finalità di predisposizione del verbale di accertamento delle violazioni (nota 25 luglio 2013). Da ultimo, il Garante è intervenuto in merito alla possibilità che gli organismi sanitari possano usare sistemi di videosorveglianza all’interno dei propri servizi igienici per il controllo della procedura di raccolta del campione urinario per accertare l’assenza di tossicodipendenza a fini certificatori, nonché di cura della salute, individuando talune cautele ed accorgimenti in un provvedimento generale (provv. 15 maggio 2013, n. 243, doc. web n. 2475383), più diffusamente descritto nel par. 5.1.

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