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La filiera dei Big Data
Finalità ultima degli articolati processi sottesi all’utilizzo di Big Data vuole essere, in termini generali, quella di “accrescere l’efficienza dei processi produttivi, migliorare la capacità decisionale degli amministratori, prevedere più accuratamente le tendenze di mercato e indirizzare in modo molto più mirato (e dunque variamente efficiente) la pubblicità o le diverse proposte commerciali”.
A tal fine è cruciale il processo di “estrazione di conoscenza” dai Big Data, nell’ambito del quale è possibile enucleare, sul piano logico (con possibili ricadute anche su quello giuridico) tre ordini principali di attività:
i) la raccolta, che a sua volta si articola in generazione, acquisizione e memorizzazione,
ii) l’elaborazione, che coinvolge attività di estrazione, integrazione e analisi,
iii) l’interpretazione e l’utilizzo. Ciascuna di esse sarà approfondita nei successivi paragrafi.
Prima di considerare in modo più approfondito tali fasi, è necessario evidenziare che i dati oggetto di elaborazione secondo le tecniche proprie dei Big Data possono avere natura personale o non personale, distinzione che rileva ai fini del trattamento dei dati sotto il profilo regolamentare. Nell’ipotesi, più frequente, in cui formino oggetto di elaborazione dati non aventi carattere personale (quali, ad esempio le informazioni di natura geografica, meteorologica, ambientale, economica, etc.) trova applicazione il recente Regolamento (UE) 2018/1807 del 14 novembre 2018 relativo a un quadro applicabile alla libera circolazione dei dati non personali nell'Unione europea. D’altra parte, con riguardo al trattamento dei dati di natura personale è stato previsto uno specifico regime di protezione nell’ambito del quadro normativo recentemente definito a livello europeo, a cui concorrono sia il RGPD sia regole speciali per le attività online, individuate nella direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e, quindi, nella direttiva 2009/136/CE.
In questa prospettiva è necessario che chi intenda effettuare operazioni di trattamento secondo la metodologia propria dei Big Data si accerti, in via preliminare, della natura personale o meno dei dati trattati, così da identificare la cornice normativa di riferimento all’interno della quale opera. In questa prospettiva, sebbene la linea di demarcazione tra dati di natura personale e non possa essere in concreto difficile da tracciare, in particolare in ragione della possibilità di riconnettere informazioni apparentemente anonime (o anonimizzate) a individui singoli a seguito delle peculiari operazioni di trattamento effettuate (nel tempo sempre più agevolmente realizzabili, sia per le aumentate capacità di calcolo, sia per la pluralità di archivi in ipotesi utilizzabili, aventi anche genesi ed utilizzi prospettici diversi al tempo della raccolta), un utile contributo può essere ritratto dalle decisioni delle autorità di protezione dei dati – e nell’esperienza italiana, anzitutto, del Garante – e dagli indirizzi assunti dal Comitato europeo, come pure dalle migliori prassi via via elaborate (e comunque soggette a continui aggiornamenti) in tema di anonimizzazione dei dati personali.
Fonte: Rapporto 2020 AGCOM, AGCM E GARANTE sui Big Data