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Big Data nell’ecosistema digitale italiano: considerazioni del Garante per la protezione dei dati personali - Oltre la pura descrizione del fenomeno
Anche dall’Indagine svolta (i cui termini si sono sintetizzati nelle pagine che precedono), come pure dalla ricognizione della letteratura più recente in materia (nella quale però è marcato l’imprintingnord-americano, ordinamento nel quale il fenomeno si è fatto strada veicolato dalle Big techin assenza, è bene tenerlo presente approcciando la materia in esame, di un quadro normativo in materia di protezione dei dati personali comparabile con le garanzie offerte da quello europeo), emerge la necessità di una più precisa messa a fuoco –anzitutto da parte degli stakeholder istituzionali –delle interrelazioni tra il fenomeno dei Big Data e la disciplina di protezione dei dati personali e, più precisamente, dei singoli istituti e rimedi che la compongono.
Tale operazione va di pari passo con la necessità di calare le ipotesi astrattamente riconducibili nella categoria (dalla valenza puramente descrittiva dei) Big Data in singole concrete applicazioni, suscettibili (in ragione delle peculiarità che le possono connotare) di diverso apprezzamento sul piano degli effetti giuridici: non solo le attività di controllo che il Garante potrà effettuare in questi ambiti, ma anche i pareri resi a seguito di consultazione preventiva (art. 36 RGPD) potranno costituire utili occasioni per verificare in concretooltre alle potenzialità anche i rischi connessi all’utilizzo dei Big Data. Rischi già paventati sui diritti degli interessati (anche se sovente evocati in letteratura in termini assai generici) nonché per la privacy individuale (la formula è qui volutamente utilizzata nella sua massima ampiezza); rischi che talora prendono forma con riguardo all’adozione di decisioni, che riposano su trattamenti effettuati con tecniche Big Data, di natura discriminatoria rispetto a singoli o classi di interessati.
E se pure le discipline di protezione dei dati personali (prima la direttiva 95/46 ed ora il RGPD) di rado formano oggetto di puntuale declinazione rispetto alla materia in esame, rimanendo sullo sfondo delle trattazioni dedicate al tema, pur si vanno affacciando riflessioni secondo le quali, in prima approssimazione, le attività legate all’utilizzo dei Big Data possono evidenziare chiari profili di contrasto con aspetti fondamentali della disciplina di protezione dei dati, anzituttocon riferimento ai principi di liceità e correttezza nel trattamento, aspetto quest’ultimo che rinvia ad una effettiva (e compiuta) consapevolezza degli interessati (e correlativa trasparenza dei titolari del trattamento) circa le operazioni di trattamento dei dati personali connesse all’utilizzo dei dati personali che li potrà riguardare; alla violazione del principio di finalità; alla corretta individuazione della base giuridica posta a fondamento di tali operazioni di trattamento, anzitutto con riguardo al consenso degli interessati. Anche i principi di minimizzazione, di limitazione della finalità e di conservazione dei dati per il solo tempo indispensabile alla realizzazione del trattamento mal si attagliano a raccolte massive di dati, in ipotesi acquisiti, magari non per esigenze attuali ma in vista di future e solo ipotetiche necessità, per essere quindi riutilizzati per fini ulteriori non sempre compatibili con quelli originari; l’utilizzo di algoritmi complessi nel processo di Big Data analytics può comportare risultati inattesi, che potrebbero essere lesivi di interessi individuali e porsi in violazione del principio di correttezza. Quanto all’ulteriore profilo di dettaglio, merita ricordare che anche il Parlamento europeo nella risoluzione del 14 marzo 2017, ha messo in evidenza il rischio che anche la distinzione (propria delle normative di protezione dei dati personali) tra dati sensibili e non venga a sfumare nel mondo dei Big Data, potendo i primi essere estratti combinando tra loro dati comuni.
La stessa nozione di “dato anonimo” (quale limite esterno delle garanzie accordate dalla disciplina di protezione dei dati) richiede un vaglio attento a seconda delle caratteristiche che, in concreto, ciascun trattamento effettuato secondo la metodologia Big Data potrà in concreto presentare.
Considerazioni particolari dovrebbero poi essere svolte rispetto all’utilizzo di tecniche Big Data con dataset di provenienza pubblica ovvero effettuati dalle pubbliche amministrazioni, profilo rientrato però nel compasso dell’Indagine congiunta (cfr. comunque, per prime considerazioni, il successivo par. 4.13).
Fonte: Rapporto 2020 AGCOM, AGCM E GARANTE sui Big Data