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Big Data nell’ecosistema digitale italiano: considerazioni del Garante per la protezione dei dati personali - Big Data e principio di finalità
Né, sotto un diverso profilo, l’anonimizzazione dei dati può rappresentare un escamotage per effettuare trattamenti non compatibili con le finalità originarie della raccolta: in questo senso si è di recente espresso il Garante con riguardo al tema del possibile trattamento dei dati contenuti nelle fatture elettroniche da parte di operatori privati, operanti in qualità di responsabili del trattamento, che volessero usarli perautonome (e non meglio precisate) elaborazioni “statistiche”.
Il principio di finalità rappresenta uno dei principali baluardi per il rispetto del diritto alla protezione dei dati personali e per salvaguardare la dignità dell’individuo. Ancorché esso non costituisca una barriera insormontabile rispetto ai trattamenticon le tecniche Big Data, impone tuttavia che chi intenda avvalersene debba procedere ad una approfondita valutazione di compatibilità con le finalità che originariamente hanno determinata la raccolta dei dati.
Interrogativi devono inoltre essere sollevati circa la liceità del “farsi” dei Big Data, anche in ordine alla possibilità di trattare,sulla scorta di una legittima base giuridica, i dataset oggetto di analisi, come pure del loro utilizzo, atteso che ciò comporta per lo più in un uso “secondario” dei dati che deve quindi misurarsi con il principio di compatibilità del trattamento in relazione alla finalità rispetto alle ragioni che hanno determinato l’originaria raccolta (art. 5, par. 1, RGPD).
Anche con riguardo ai dati presenti in internet o tratti dai social media, la mera circostanza che gli stessi siano resi pubblici (e quindi agevolmente “processabili”) non giustifica un loro riutilizzo con tecniche Big Data, in particolare rispetto a finalità che nulla hanno a che vedere con quelle per le quali tali informazioni erano state conferite.
Fonte: Rapporto 2020 AGCOM, AGCM E GARANTE sui Big Data