EntiOnLine
Categorie
indietro
10/02/2020 BIG DATA - Posizioni dominanti e potere di mercato.
Il documento è riservato agli abbonati

Per qualsiasi informazione inerente i prezzi o le modalità di effettuazione del servizio, contatta l'agente di zona oppure scrivi a info@entionline.it
o telefona allo 030/2531939.

I Big Data nell’ecosistema digitale italiano: considerazioni dell'AGCM - Posizioni dominanti e potere di mercato.

L’emergere di posizioni dominanti. A causa dell’effetto cumulato, e per certi versi esasperato, della struttura dei costi, degli effetti di rete diretti e indiretti, degli switching costs, della scarsa diffusione del multi-hominge dell’importanza crescente dei dati, i mercati digitali tendono ad essere concentrati e con elevate barriere all’entrata, determinando anche esiti di tipo c.d. “winners take all”. L’acquisizione di una posizione di rilievo in un determinato mercato può essere ovviamente la conseguenza di una maggiore produttività o innovatività del prodotto o servizio offerto (e spesso lo è), alimentata dalle caratteristiche strutturali dei mercati digitali sopra descritte.

Tuttavia, alcuni servizi digitali che svolgono un ruolo centrale nell’ecosistema di Internet sono oggi controllati da operatori dominanti o che comunque non appaiono soggetti a pressioni competitive significative. Basti pensare alla posizione di Google nei servizi di ricerca online e nei sistemi operativi per dispositivi mobili, alla posizione di Facebook nei social network e a quella di Amazon nell’intermediazione nel commercio elettronico.

Il potere di mercato che i c.d. GAFA(M) (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft) hanno assunto riveste peraltro rilevanza sistemica non solo per la dimensione globale dello stesso, ma anche per la circostanza che i servizi in questione hanno un ruolo centrale nell’abilitazione delle interazioni e transazioni digitali. Il controllo di tali gateways, dunque, consente di esercitare un’influenza significativa sulle dinamiche economiche e sociali che hanno luogo su Internet, gestendo di fatto l’accesso ai mercati, la visibilità e la reputazione delle imprese terze che operano nell’ecosistema digitale e le loro relazioni con i consumatori finali.

L’integrazione verticale e conglomerale. L’integrazione verticale e conglomerale che caratterizza i principali operatori digitali costituisce un elemento di particolare rilievo nella valutazione del potere che tali operatori detengono nei singoli mercati rilevanti in cui sono attivi, nella misura in cui amplifica la loro capacità di acquisire, elaborare e sfruttare i dati nella fornitura dei servizi a consumatori e imprese. Ad esempio, la capacità di combinare i dati sul comportamento digitale di uno stesso soggetto, acquisiti da una varietà di fonti (e nel rispetto del quadro giuridico di riferimento), può consentire una profilazione estremamente puntuale e ben più sofisticata di quella che può derivare dall’acquisizione di dati parcellizzati sui singoli comportamenti di consumo digitale degli utenti.

In tale prospettiva, assumono rilievo diversi indicatori:

Ampiezza della gamma dei servizi offerti ai consumatori (e imprese): i grandi operatori digitali offrono generalmente numerosi servizi, spesso complementari, in una varietà di mercati rilevanti. L’offerta spazia dai dispositivi hardware connessi, ai sistemi operativi, a una molteplicità di applicazioni e servizi online. Ciò consente a tali operatori di intercettare i dati relativi ai comportamenti e alle abitudini di consumo degli utenti, pur rispettando il principio di finalità dei dati (che devono essere raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime). Gli utenti, peraltro, sono spesso legati a un particolare “ecosistema”, anche per i vantaggi derivanti dall’integrazione tra i diversi servizi che lo compongono e/o dalla limitata interoperabilità con i servizi offerti da operatori concorrenti.

La natura strategica di taluni servizi offerti ai consumatori: nell’ecosistema dei Big Data alcuni servizi –quali, ad esempio, i sistemi operativi, i social network, i motori di ricerca –rivestono una rilevanza particolare, sia in termini di capacità di acquisizione dei dati degli utenti sia per l’influenza determinante che hanno per una varietà di transazioni economiche (e sociali). Si tratta, peraltro, di servizi per i quali in diversi casi è stata già accertata l’esistenza di posizioni dominanti dalle autorità antitrusteuropee.

L’offerta alle imprese di servizi per l’acquisizione, la gestione e l’elaborazione di dati: i grandi operatori digitali sono spesso attivi non solo nell’offerta di servizi agli utenti finali, ma anche nell’offerta di servizi alle imprese per l’acquisizione, la gestione e l’elaborazione dei dati.

Ad esempio, nella fase di acquisizione dei dati è ricorrente la prassi secondo cui i siti web, anziché effettuare in proprio il tracciamento e la profilazione dei loro utenti e la computazione delle statistiche di accesso, ricorrono ai sistemi resi disponibili, anche gratuitamente, dai grandi operatori del web (come Google Analytics e Facebook Analytics), i quali in cambio ottengono l’accesso ai dati raccolti dai siti stessi. Gli operatori in questo modo acquisiscono dati puntuali relativi all’utilizzo dei siti/app, potendo così disporre delle statistiche relative all’accesso alle pagine, alla provenienza degli utenti e ai contenuti visualizzati. I dati così raccolti, al netto dei profili di legittimità di cui alla normativa sulla protezione dati, possono essere combinati con i dati individuali che lo stesso operatore acquisisce grazie all’offerta di altri servizi nell’ambito del suo ecosistema, fino ad arrivare all’identificazione esatta dell’utente.

Anche nelle fasi successive alla raccolta dei dati, dove vengono offerti servizi utilizzati dalle imprese per la memorizzazione, l’elaborazione, l’analisi e l’interpretazione dei Big Data, alcuni dei grandi operatori digitali detengono posizioni di mercato di assoluto rilievo.

Il grado di integrazione tra i servizi offerti e di interoperabilità con servizi terzi: un importante elemento costitutivo del potere di mercato può essere rintracciato anche nei legami tra diversi servizi complementari presenti nella filiera dei Big Data, nonché nel limitato grado di interoperabilità con servizi terzi.

Ad esempio, con riferimento agli standard tecnologici per le piattaforme cloud, sono emerse due principali soluzioni concorrenti: Amazon Web Services Compatible Solutions, offerta direttamente da Amazon o da aziende con interfacce di programmazione delle applicazioni (Application Programming Interfaces) compatibili, e OpenStack, un progetto open sourcesupportato da aziende del settore come IBM. La scelta di servizi compatibili con l’uno o l’altro di questi standardha implicazioni sia sulla disponibilità degli strumenti softwareutilizzabili, sia sulla possibilità di rivolgersi a fornitori alternativi (lock-in).

La persistenza del potere di mercato. L’elevata concentrazione che si riscontra nei mercati digitali appare tanto più problematica quanto più tende ad assumere il carattere di persistenza negli anni. Lo slogan “competition is a click away” sembra mostrare segni di usura.

Le continue attività di espansione e diversificazione delle attività dei grandi operatori digitali determina una tensione concorrenziale che appare ancora idonea a generare innovazione e valore per i consumatori. Tuttavia, alcune posizioni di dominanza nella fornitura di taluni servizi non appaiono suscettibili di essere significativamente erose nel breve termine, anche nella prospettiva dinamica di concorrenza per il mercato, che pure ha generato una certa contendibilità delle posizioni di leadership nella fase iniziale di evoluzione di alcuni servizi digitali.

Infatti, l’esistenza di ecosistemi complessi, le rilevanti esternalità di rete che caratterizzano talune piattaforme multi-versante e la disponibilità di informazioni dettagliate sul comportamento dei propri consumatori sono solo alcuni dei fattori che appaiono rendere il potere di mercato dei grandi operatori digitali non solo particolarmente elevato, ma anche verosimilmente persistente.

Il rischio paventato da alcuni osservatori è che tali posizioni dominanti possano impedire in futuro l’entrata di nuovi operatori e ridurre gli incentivi all’innovazione e al miglioramento dell’offerta per gli incumbent, con effetti negativi sull’efficienza e il dinamismo delle imprese. Alcuni recenti studi, ad esempio, suggeriscono che, nei paesi OCSE e con particolare riguardo al settore digitale, a fronte di un margine di profitto medio conseguito dalle imprese in crescita, si assiste già ad una riduzione del tasso di entrata medio di nuove imprese nel mercato.

Il nuovo” potere di mercato. Va osservato, inoltre, che la rivoluzione dell’economia digitale, oltre alle sfide di natura politica e tecnologica, solleva anche questioni di fondo sotto il profilo teorico, mettendo in discussione concetti di base come la stessa nozione di impresa, la definizione dei mercati o l’accertamento di potere di mercato. Può sembrare paradossale -e ad oggi in parte ancora lo è- ma sempre più spesso (anche nel corso delle audizioni svolte nell’ambito dell’Indagine conoscitiva) il “vero” potere di mercato tende ad essere attribuito a soggetti che non sono ancora presenti nel mercato e che, adetta degli attuali incumbent, intempiragionevolmente brevi sarebbero in grado di farvi ingresso, “distruggere” l’attuale assetto e raggiungere rapidamente una posizione difficilmente contestabile.

Una volta si sarebbero chiamati concorrenti potenziali molto aggressivi. E in parte lo sono, se si considera che, per questo timore, almeno alcuni degli operatori presenti nel mercato, anziché limitarsi a chiedere protezione, iniziano a sfruttare al meglio i dati settoriali e i vantaggi informativi derivanti dall’incumbency, che ancora oggi costituiscono vantaggi di posizione non irrilevanti. In alternativa sarebbero definiti come imprese innovative in grado di “creare” nuovi mercati.

In entrambi i casi, tuttavia, la nuova sfida sotto il profilo antitrust può derivare dall’estrema difficoltà di fronteggiarli una volta che abbiano fatto ingresso nel mercatoone abbiano creati di nuovi. Difficoltà che, secondo alcuni, originerebbe proprio dalla disponibilità di enormi volumi di dati e dalla capacità di analizzarli e elaborarli. Disponibilità e capacità che non sarebbero replicabili anche dai concorrenti “altrettanto efficienti”.

È pertanto sostenibile che le grandi piattaforme digitali, i GAFA(M)oic.d. Datapolist, come qualcuno ha iniziato a chiamarli, possono esercitare il loro potere ancor più che nei mercati dove sono già presenti (motori di ricerca, socialnetwork, marketplace e pubblicità on-line), nei mercati dove non sono ancora attivi ma in cui, grazie alla disponibilità di Big Data e alla capacità di elaborarli, potrebbero agevolmente entrare e rapidamente “dominarli”, anche nel rispetto degli obblighi derivanti dalla disciplina in materia di protezione dei dati personali.

Nella misura in cui una simile ipotesi non sia del tutto infondata −circostanza da misurare (anzitutto) alla luce del principio di finalità nel trattamento dei dati personali−, la definizione del mercato rilevante, strumentale all’accertamento del potere di mercato, vari pensata profondamente o, quantomeno, va dato uno spazio decisamente maggiore ai vincoli concorrenziali che possono essere sviluppati dalla to dell’offerta, tradizionalmente utilizzati per identificare la pressione della concorrenza potenziale: in altri termini, la pressione esercitabile dagli operatori presenti in mercati (merceologicamente e geograficamente) contigui.

Il fatto nuovo è che la disponibilità di Big Data sembrerebbe attribuire alle grandi piattaforme la capacità di esercitare una notevole disciplina concorrenziale su più mercati contemporaneamente, fino ad essere avvertite come soggetti dotati di un notevole potere di mercato ancor prima di avervi fatto ingresso.

L’impatto dei grandi operatori digitali, infatti, va anche al di là dei singoli mercati in cui operano, atteso che la forza disruptivedei processi di digitalizzazione può conformare l’organizzazione dell’intera filiera di settori digitali e tradizionali e ridefinire i rapporti negoziali che si instaurano tra gli operatori attivi in diverse fasi della filiera e/o in settori contigui.

Ad esempio, la digitalizzazione e le nuove modalità di distribuzione dei contenuti digitali hanno modificato radicalmente la filiera nel settore editoriale e giornalistico, la natura stessa del prodotto editoriale, i canali di distribuzione delle notizie, nonché i soggetti in grado di raccogliere gli investimenti pubblicitari all’interno di tale filiera e di appropriarsi dei contenuti.

In prospettiva, cambiamenti significativi, legati all’utilizzo dei dati e alla loro proprietà, potrebbero anche interessare i rapporti tra l’industria automobilistica e il settore assicurativo, anche in funzione del diverso grado di “controllo” che gli operatori avranno dei dati degli utenti. Ciò in uno scenario di mobilità connessa in cui assumerà rilievo anche un sistema digitalmente integrato che metta in connessione gli assicuratori e/o le case automobiliste, da un lato, e i clienti/conducenti, dall’altro, e che supporti servizi personalizzati e istantanei, riguardanti non solo il settore assicurativo, ad esempio, attraverso la definizione di polizze personalizzate, ma anche una serie di potenziali servizi attivabili direttamente dall’auto.

Il fermento registrato in entrambi i settori per sviluppare sistemi “integrati” è sintomo che il fattore temporale avrà un ruolo fondamentale nel determinare poi i rapporti di forza tra i due settori, soprattutto con riferimento alla proprietà e all’utilizzo dei Big Data, nell’offerta di servizi personalizzati che vanno anche al di là dell’ambito assicurativo. Come evidenziato dall’IVASS, il settore RC Auto italiano è ormai da alcuni anni soggetto a una evoluzione tecnologica, con un livello crescente di penetrazione di auto connesse attraverso scatole nere ovvero dispositivi elettronici che registrano l’attività dei veicoli sui quali sono installati offerti dalle compagnie assicurative o altri dispositivi elettronici offerti dalle case automobilistiche.

Inoltre, nel corso dell’indagine, gli operatori dei settori delle informazioni creditizie, bancario-assicurativo e delle telecomunicazioni, tradizionalmente caratterizzati da un quadro regolatorio strutturato e stringente, hanno manifestato l’esigenza, in maniera trasversale, che venga assicurato un level playing fieldal fine di consentire alle imprese “tradizionali” di competere con gli OTT senza il vincolo di asimmetrie regolatorie. Tale istanza appare riconducibile alla possibilità che gli OTT espandano la propria attività, basata sui dati, a settori tradizionali come quelli delle informazioni creditizie e bancario-assicurativo e, per altri versi, che le imprese di telecomunicazioni possano espandere la propria operatività a servizi basati sui dati.

Potere di mercato e operazioni di concentrazione. In alcuni casi, la creazione o il rafforzamento di potere di mercato in mercati data-drivenderivano da fenomeni di crescita esterna.

Si tratta di operazioni che possono sfuggire al controllo delle concentrazioni previsto dalle norme a tutela della concorrenza e che riguardano principalmente acquisizioni da parte di operatori dominanti di startup potenzialmente disruptive (le cosiddette “killer acquisitions”), soprattutto quando oggetto dell’acquisizione sono i dati e la capacità di analizzarli. Il recente dibattito internazionale sull’adeguatezza di un controllo preventivo delle operazioni di concentrazione il cui ambito è definito, esclusivamente o quasi, da un sistema di notifica basato su soglie di fatturato e sulla opportunità di colmare eventuali gap, ha portato Germania ed Austria a introdurre criteri di notifica basati sul valore della transazione e il requisito che l’impresa oggetto di acquisizione sia attiva in maniera considerevole in tali Paesi.

Consentire un controllo delle concentrazioni efficace e rigoroso nei mercati digitali costituisce un obiettivo di policyche deve essere ampiamente condiviso, sia a livello nazionale che internazionale.

Nei mercati in cui i Big Data assumono rilievo, imprese e consumatori prendono decisioni sulla base di diversi aspetti dei prodotti/servizi considerati. Accanto al prezzo, che può anche essere nullo, assumono rilievo anche il grado innovazione e il livello di qualità dei prodotti/servizi offerti, anche con riguardo al livello di protezione dei dati offerto.

Con riferimento ai profili di merito delle analisi delle concentrazioni, dunque, occorre assicurare che l’analisi degli effetti delle operazioni di concentrazione sia adeguata a cogliere le peculiarità di mercati zero-price, in cui assumono rilievo centrale altre dimensioni del confronto competitivo quali il grado di innovazione e il livello di qualità dei servizi e della protezione dei dati degli utenti.

Per quanto riguarda il primo aspetto, nell’ambito della valutazione delle operazioni di concentrazione, approfondire l’impatto dell’innovazione e della qualità sulla concorrenza, oltre agli effetti sui prezzi, rappresenta una sfida importante e ciò anche per la relazione complessa che può caratterizzare il rapporto tra pressione concorrenziale e qualità. Introdurre più esplicitamente e analiticamente l’analisi di aspetti diversi dal prezzo monetario all’interno della valutazione degli effetti delle operazioni di concentrazione costituisce una sfida complessa.

Con riguardo all’innovazione, ad esempio, l’estesa letteratura economica evidenzia come il rapporto con la concorrenza dipende da una varietà di aspetti di non agevole considerazione a livello analitico, anche a causa delle necessità di dover fare valutazioni prospettiche in relazionea mercati che esibiscono comunque un notevole dinamismo. Peraltro è ben possibile che un’operazione di concentrazione possa determinare un aumento della capacità ad innovare, attraverso ad esempio una crescita della dimensione di impresa e della combinazione di attività complementari, anche a fronte di una riduzione degli incentivi derivanti dall’eventuale perdita di una pressione competitiva.

Anche la qualità può rappresentare un elemento del benessere del consumatore rilevante quanto il prezzo e un aspetto centrale della strategia competitiva delle imprese, soprattutto nei mercati zero-price. Alcune operazioni di concentrazione possono comportare una riduzione unilaterale della qualità, esattamente come possono determinare un incremento dei prezzi, sebbene in un contesto in cui assume particolare rilievo il fenomeno della differenziazione strategica del prodotto. Un’ulteriore criticità per le autorità di concorrenza emerge laddove sia necessario considerare l’interazione degli effetti di prezzo e non di prezzo. In particolare, quando gli effetti non di prezzo sono rilevanti e importanti, può essere difficile bilanciare tali effetti con eventuali effetti sui prezzi, in particolare se si muovono in direzioni diverse.

Con particolare riguardo ai mercati data-driven,la protezione dei dati individuali, la trasparenza e le informazioni necessarie per una scelta consapevole del consumatore possono rappresentare fattori qualitativi rilevanti per il confronto concorrenziale tra piattaforme digitali, soprattutto in mercati caratterizzati da prezzi nulli. I consumatori possono, infatti, preferire soluzioni che consentano di fornire la quantità minore di dati possibile o di mantenere il maggior controllo possibile sull’utilizzo dei dati personali forniti.

Qualche anno fa si registrava una certa ritrosia a introdurre esplicitamente considerazioni riguardanti la protezione dei dati nell’ambito della valutazione degli effetti delle operazioni di concentrazione. Ad esempio, nella concentrazione Facebook/WhatApp, autorizzata senza condizioni nel 2014, la Commissione europea ha considerato che la privacynon fosse un importante parametro nella scelta dei consumatori nel mercato delle applicazioni di comunicazione tra i consumatori e che, quindi, una possibile degradazione della privacy-a valle dell’operazione di concentrazione -non avrebbe potuto danneggiare il benessere degli stessi.

Negli ultimi anni, tuttavia, è emersa una tendenza diversa nella pratica delle autorità di concorrenza, fondata su una interpretazione ampia della nozione di benessere dei consumatori, tale da ricomprendere correttamente anche la dimensione della protezione dei dati personali. Ad esempio, nella recente concentrazione Microsoft/Linkedin, autorizzata con condizioni nel 2016, la Commissione ha concluso che la privacyè un importante parametro della concorrenza tra social networkprofessionali e che, in assenza di rimedi adeguati, la concentrazione avrebbe potuto escludere concorrenti in grado di offrire una privacy maggiore di quella offerta da Linkedin, fermo restando il rispetto del quadro regolamentare in materia di protezionedei dati personali.

Introdurre considerazioni di privacy all’interno del controllo delle concentrazioni, tuttavia, costituisce solo uno dei diversi strumenti a disposizione dell’autorità di concorrenza per contribuire alla tutela di tale valore nell’esercizio delle proprie competenze. Come illustrato nella sezione dedicata al rapporto tra concorrenza e privacy (Sez. 5.3), infatti, una relazione virtuosa tra questi due aspetti può svilupparsi solo laddove i consumatori assumano scelte di consumo dei servizi digitali anche sulla base di una effettiva consapevolezza e sensibilità rispetto alla tutela dei propri dati.

Un paio di considerazioni a parte richiedono le implicazioni per il controllo delle concentrazioni determinate dalla diffusione degli algoritmi di prezzo. Ancora oggi le evidenze in merito alla portata e ai pro e contro del fenomeno sono piuttosto fragili. Tuttavia, appare ragionevole ipotizzare che l’accresciuta possibilità di praticare strategie di prezzo discriminatorie richieda una maggiore sensibilità, sia sulla definizione del mercato rilevante del prodotto (che potrebbe inevitabilmente collassare su quelli che, in assenza di algoritmi di prezzo, erano segmenti di un mercato più ampio) sia sulla valutazione degli effetti unilaterali. Lo sviluppo di algoritmi di prezzo pro-collusivi comporta invece una maggiore attenzione nelle valutazioni dei rischi di coordinamento anche in mercati più frammentati.

Più in generale, inoltre, la crescente rilevanza assunta dai Big Datain alcuni settori suggerisce di guardare alle acquisizioni di natura conglomerale con un’attenzione maggiore di quella tradizionalmente loro riservata. La disponibilità di dati e la capacità di analizzarli può infatti consentire il rafforzamento del potere di mercato in mercati anche apparentemente “lontani” tra loro.

Infine, occorre considerare l’opportunità di introdurre a livello normativo criteri di notifica delle operazioni di concentrazione che consentano il controllo preventivo di operazioni di fusione e acquisizione di imprese innovative da parte dei grandi operatori digitali, le quali oggi possono sfuggire al vaglio dell’Autorità a causa della natura e del livello delle soglie previste per le comunicazioni.

Fonte: Rapporto 2020 AGCOM, AGCM E GARANTE sui Big Data

Banca dati