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Big Data, utilizzo dei dati personali e concorrenza - Premessa
Nel corso dell’Indagine è emerso comei dati siano sovente trattati per scopi definiti solo in termini generali: l’acquisizione massiva dei dati rende infatti difficoltosa la specifica individuazione ex antedelle finalità del relativo trattamento (cfr. supra, § 2.5).
Tuttavia, laddove si tratti di dati personali, il RGPD prevede che le attività di raccolta e utilizzazione dei dati possano avvenire previa richiesta del consenso dell’interessato o al ricorrere di una delle condizioni previste dall’art. 6. È inoltre stabilito (cfr. art. 5) che i dati personali siano trattati in modo lecito, corretto e trasparente, siano raccolti e trattati per finalità determinate, esplicite e legittime e siano adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (principio di minimizzazione dei dati), siano esatti e se necessario aggiornati, nonché conservati in modo idoneo ad identificare gli interessati per il tempo necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati e siano trattati in modo da garantirne un’adeguata sicurezza.
Nello specifico, il principio di minimizzazione impone che, qualora il titolare intenda raccogliere dati ulteriori rispetto a quelli insuo possesso o trattare i dati per una finalità diversa rispetto a quella comunicata, dovrà richiedere il relativo consenso all’interessato. Questa operazione, apparentemente lineare, difficilmente si concilia con l’acquisizione di enormi quantitativi di dati, dovendosi concretamente determinare, volta per volta, l’utilizzo che dei dati si andrà ad effettuare, al fine di limitare la loro raccolta a quanto necessario per svolgere il servizio offerto. Come anche osservato dal Garante per la protezione dei dati personali, i principi di minimizzazione, limitazione della finalità e conservazione per il solo tempo indispensabile alla realizzazione del trattamento non si attagliano a raccolte così massive di dati, acquisiti spesso non per esigenze attuali ma in vista di future, eventuali necessità e riutilizzati per fini ulteriori non sempre compatibili con quelli originari.
Già il Gruppo di lavoro Articolo 29, nella dichiarazione del settembre 2014 relativa all’impatto dello sviluppo dei Big Data sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei loro dati personali nell’UE, affermava che le caratteristiche intrinseche dei Big Data richiedono l’adozione di soluzioni innovative per far sì che i principi in materia di protezione dei dati personali possano concretamente applicarsi.
Nell’Indagine sono state proposte soluzioni innovative volte a favorire la partecipazione dell’individuo nel trattamento dei propri dati con tecniche di Big Data, come il ricorso al dynamic consent, sviluppato nel contesto delle c.d. bio-banche. Secondo questo modello, l’individuo presta inizialmente un consenso ampio a fronte di un’informativa generale circa le possibili finalità del trattamento e, successivamente (una volta individuata specificatamente la finalità di utilizzo dei dati), riceve una più puntuale informativa con la richiesta di un nuovo e più specifico consenso al trattamento (cfr. supra, § 2.5).
Sia l’applicazione della normativa sulla protezione dei dati personali che la strumentazione propria della tutela del consumatore possono offrire un contributo importante per la riduzione dell’asimmetria informativa esistente, garantendo che gli utenti ricevano un’adeguata informazione circa le finalità della raccolta e dell’utilizzo dei loro dati e siano posti nella condizione di esercitare consapevolmente ed effettivamente le proprie scelte di consumo.
La raccolta e soprattutto l’utilizzo di dati personali assumono interesse anche nella prospettiva del diritto della concorrenza nella misura incui i dati si configurano come “beni economici” idonei a generare un profitto per le imprese.
Le autorità di concorrenza sono consapevoli del fatto che l’attività di profilazione –resa possibile dall’acquisizione massiva dei dati -portata ai suoi estremi, può agevolare comportamenti abusivi idonei a ridurre la contendibilità degli ecosistemi delle principali piattaforme, rendendo persistente il loro potere di mercato. Anche la diffusione di algoritmi di prezzo, anch’essa agevolata dalla disponibilità digrandi quantitativi di dati, può facilitare la stabilità di cartelli e la creazione di contesti di mercato favorevoli ad equilibri collusivi.
È dunque evidente che l’utilizzo dei Big Data interessi ambiti di competenza e di criticità di diversa natura e che le sfide poste dallo sviluppo dell’economia digitale richiedono l’impiego sinergicodegli strumentia tutela della privacy, del consumatore e della concorrenza.
Fatte queste doverose premesse, nei paragrafi successivi saranno analizzate le numerose fonti di estrazione di valore economico dei dati (personali e non), che i mercati digitali hanno potuto sviluppare, e si tenterà di verificare l’impatto della disponibilità di tali dati sull’utilità del consumatore e sulle dinamiche concorrenziali. Resta tuttavia impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità, dal punto di vista della normativa a tutela della privacy, delle attività di raccolta e utilizzo dei dati personali, la cui “necessarietà” e “pertinenza” dovrà essere verificata caso per caso in relazione alla finalità per la quale i dati sono stati acquisiti e il servizio offerto. L’eventuale eccedenza dei dati rispetto allo scopo per il quale sono stati raccolti o utilizzati potrà comunque rilevare anche sotto il profilo antitrustnella misura in cui sia idonea a comportare restrizioni concorrenziali nei mercati interessati.
Fonte: Rapporto 2020 AGCOM, AGCM E GARANTE sui Big Data