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Big Data, utilizzo dei dati personali e concorrenza - La relazione tra concorrenza e utilizzo dei dati personali
Allo scopo di esaminare la relazione tra concorrenza e utilizzo dei dati personali, analizzando qual è l’impatto della pressione concorrenziale tra i fornitori di un servizio sulla quantità di dati personali che essi estraggono presso gli utenti, occorre innanzitutto chiarire come la domanda e l’offerta di dati personali influenzano la domanda e l’offerta del servizio primario. Impregiudicata la natura di diritto fondamentale della protezione dei dati personali e l’impossibilità diqualificare tali dati come “merce”, la “fornitura dei dati”, che non emerge esplicitamente in un mercato “autonomo”, costituisce un elemento essenziale sul quale di fatto si basano i mercati digitali dei servizi primari.
Considerare il grado di utilizzo dei dati personali come un aspetto del prezzo che i consumatori pagano per un bene/servizio ovvero come una dimensione qualitativa di quest’ultimo costituisce elemento utile per analizzare il legame tra concorrenza e sfruttamento dei dati personali, pur nella consapevolezza della natura di diritto fondamentale del diritto alla protezione dei dati personali e delle regole poste a suo presidio.
L’assimilazione dell’utilizzo dei dati personali a un prezzo implica, come è già stato chiarito in precedenza, chegli utenti abbiano la capacità di attribuire consapevolmente alla fornitura dei propri dati un valore economico puntuale. Sotto una diversa prospettiva, tale analogia sembra suggerire l’esistenza di un chiaro rapporto tra concorrenza e utilizzo dei dati personali: la maggiore richiesta di dati, così come l’incremento del prezzo, infatti dovrebbe essere minore nei mercati nei quali è maggiore la pressione concorrenziale esercitata dalle imprese. In quest’ottica, un contesto più favorevole alla concorrenza potrebbe altresì ridurre i rischi di discriminazione e le implicazioni in termini di eguaglianza sostanziale, frutto della diversa disponibilitàa sostituire la fornitura dei dati personali con un pagamento monetario.
Tuttavia, quando la tutela della privacy viene assimilata alla qualità, emerge più chiaramente la complessa relazione tra pressione concorrenziale nel mercato dei servizi primari e grado di utilizzo dei dati personali. In questo contesto, si può ragionevolmente ipotizzare che gli utenti abbiano una maggiore o minore preferenza per la fornitura dei propri dati personali e le imprese differenzino i servizi che offrono anche sulla base del grado di acquisizione e utilizzo di dati personali.
Peraltro, come detto, una minore richiesta di dati da parte della piattaforma non sempre si associa ad un livello qualitativo complessivo del servizio superiore, dal momento che in talune circostanze l’offerta di un servizio di qualità elevata richiede la raccolta e l’elaborazione di una considerevole mole di dati personali, di talché la relazione tra grado di utilizzo dei dati personali e qualità generale del servizio diventa ambigua.
La scelta del consumatore è dettata da diversi fattori che dipendono dal grado desiderato di utilizzo di dati personali daparte del fornitore del servizio, dalla qualità generale del servizio e dal suo prezzo. A seconda di come si compone il trade-off tra queste variabili si possono osservare scelte diversificate degli utenti, situazione che a sua volta dovrebbe condurre le imprese a offrire servizi che presentano livelli di qualità, e dunque livelli di utilizzo di dati personali, differenziati.
Nei mercati digitali, tuttavia, non sembra rilevarsi frequentemente un’elevata differenziazione del grado di utilizzo dei dati personali all’interno delle offerte delle singole imprese. In altri termini, i grandi operatori digitali non offrono di norma ai consumatori un insieme di opzioni con diversi livelli di utilizzo dei dati personali (a cui possono corrispondere diverse funzionalità e/o prezzi monetari). Pertanto, la scelta che l’utente compie si traduce nella selezione del fornitore, laddove gli operatori tendono ad offrire servizi relativamente differenziati, o eventualmente nella scelta di non fruire del servizio, se gli operatori offrono servizi tendenzialmente omogenei e il mercato non è maturo. Esistono tuttavia alcune eccezioni all’assenza di differenziazione nell’offerta di servizi da parte del singolo operatore: in alcuni casi, infatti, i portafogli di servizi offerti da taluni operatori garantiscono un grado più elevato di tutela dei dati personali agli utenti che acquistano versioni “premium”, generalmente a pagamento, del servizio in questione.
Ad ogni modo, anche la differenziazione tra operatori non appare particolarmente elevata: infatti, i fornitori di servizi digitali tendono ad offrire servizi con caratteristiche simili, in termini di prezzo e grado di utilizzo dei dati personali, proponendo in particolare servizi il cui utilizzo è spesso associato a un’ampia raccolta e utilizzo di dati personali. Non mancano comunque alcune eccezioni, anche di particolare rilievo, ossia operatori che hanno reso la (maggiore) tutela dei dati personali degli utenti un elemento qualificante della propria offerta commerciale: in questa direzione va l’offerta commerciale di Apple e lo sviluppo di servizi di ricerca e di browser, come DuckDuckGo, che si dichiarano particolarmente attenti alla privacy degli utenti.
In generale, riconoscere che il grado di utilizzo dei dati personali può costituire un aspetto di differenziazione delle offerte commerciali disponibili per gli utenti significa anche riconoscere che i consumatori potrebbero godere di livelli rafforzati di privacy (e di un minor quantitativo di dati forniti) solo se hanno la disponibilità a pagare –ad esempio in termini monetari –per i servizi che fanno un utilizzo più limitato dei dati personali degli utenti. In tale scenario, alcuni rilevano il rischio che la fruizione di servizi digitali che non comporti un elevato grado di raccolta e utilizzo dei dati personali degli utenti possa diventare “un lusso per pochi”.
Al di là delle possibili differenziazioni sul grado di utilizzo dei dati personali tra le diverse versioni di un servizio offerte da un’impresa e tra imprese diverse, dunque, una questione rilevante è se la concorrenza costituisce strumento idoneo a garantire agli utenti un livello minimo di privacy.
In linea generale, la risposta a tale interrogativo appare connessa a due aspetti principali: i) il grado di eterogeneità tra le preferenze degli utenti in merito alla disponibilità a fornirei propri dati personali; ii) i costi “impliciti” che le imprese potrebbero dover sostenere per offrire una maggiore privacy (intesa anche come minore richiesta di dati) agli utenti in termini, ad esempio, di una riduzione della qualità complessiva del servizio offerto (agli utenti stessi o ad operatori attivi su un altro versante della piattaforma).
Ad esempio, è ragionevole attendersi che anche servizi associati con un elevato grado di acquisizione e utilizzo di dati personali degli utenti possono sopravvivere in un mercato concorrenziale laddove vi siano consumatori che non attribuiscono un valore elevato alla condivisione dei propri dati personali con le imprese. Al contempo, appare ragionevole attendersi che il mercato possa sostenere un grado elevato di raccolta e utilizzo di dati personali (pur sempre nel rispetto della relativa cornice normativa) laddove i dati personali siano particolarmente rilevanti per offrire un bene/servizio di qualità complessiva più elevata. Per altro verso, l’emergere di servizi con modelli di business volti a limitare la raccolta e l’utilizzo di dati personali in un mercato concorrenziale richiede che vi siano consumatori disposti a “pagare” anche per servizi con tali caratteristiche,in termini monetari ovvero implicitamente (ad esempio, consumando servizi di qualità complessiva peggiore).
Fonte: Rapporto 2020 AGCOM, AGCM E GARANTE sui Big Data