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Big Data, utilizzo dei dati personali e concorrenza - L’utilizzo dei Big Data per la personalizzazione dei servizi
I Big Data sono spesso utilizzati dalle imprese per offrire servizi altamente personalizzati agli utenti finali. Ad esempio, piattaforme di e-commerce e piattaforme attive nella distribuzione di contenuti digitali possono utilizzare i Big Data per offrire agli utenti suggerimenti di prodotti e servizi da acquistare o di contenuti editoriali e audiovisivi da fruire. Altre piattaforme come i motori di ricerca e i social network possono personalizzare i risultati delle ricerche e i contenuti presentati all’attenzione degli utenti finali sulla base delle informazioni che hanno raccolto ed elaborato sui singoli individui.
I sistemi software su web adattano la loro configurazione e il loro funzionamento a ogni singolo utente o gruppi di utenti e implementano diversi tipi di personalizzazione. Ad esempio: i) i sistemi di ricerca adattivi nelle piattaforme promuovono nei risultati i contenuti che ritengono più pertinenti per l’utente in base ai suoi interessi e ai suoi bisogni, così come si sono manifestati attraverso le precedenti esperienze di consumo; ii) i sistemi di adattamento delle pagine producono su misura il contenuto di una pagina web in base al profilo dell’utente portando i link consigliati in primo piano; iii) i filtri e i sistemi di raccomandazione completano la ricerca e la navigazione in base alle informazioni personali, suggerendo attivamente articoli che sembrano più rilevanti per l’interesse dell’utente.
La personalizzazione implica una profilazione degli utenti basata su dati personali, cioè su informazioni riferite o riferibili a soggetti identificati e consiste nell’utilizzo di tali dati per valutare determinati aspetti relativi a uno specifico individuo, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l’affidabilità, il comportamento, l’ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica. Al fine di creare i profili degli utenti e di personalizzare le pagine web possono essere impiegate tecniche di machine learninge di apprendimento automatico. Tale tecniche, ad esempio, sono utilizzate comunemente sulla cronologia di navigazione, sui log dei motori di ricerca, sui dati personali immessi dall’utente, sul comportamento dell’utente mentreinteragisce con il sistema e sui dati geografici.
Dal punto di vista degli utenti, la personalizzazione può determinare anche notevoli benefici, ad esempio in termini di riduzione di costi di ricerca e di transazione. In alcuni casi, nelle piattaforme multi-versante, il vantaggio della personalizzazione va a favore non solo dell’utente profilato, ma anche e soprattutto degli operatori pubblicitari onlineche possono così meglio indirizzare i loro messaggi. Peraltro, considerando che nei c.d. mercati senza prezzo l’utente paga con i propri dati individuali e con l’attenzione che rivolge ai messaggi pubblicitari veicolati dalla piattaforma, una pubblicità altamente personalizzata consente di limitare l’esposizione a messaggi privi di interesse per l’utente.
La personalizzazione del servizio offerto all’utente non crea, di per sé, preoccupazioni concorrenziali mentre invece presenta importanti profili di criticità sotto il profilo della protezione dei dati. Tuttavia, potenziali rischi concorrenziali potrebbero emergere in quelle situazioni in cui la personalizzazione viene effettuata da una piattaforma dominante che opera sia come “intermediario” che come fornitore all’utente del servizio oggetto di intermediazione (in concorrenza con altri operatori). In tali circostanze, infatti, la personalizzazione dei risultati di ricerca potrebbe rendere più agevole la realizzazione di pratiche di search discrimination, che un’impresa potrebbe porre in essere al fine di favorire i propri prodotti e servizi venduti sulla piattaforma.
Personalizzazione dei servizi e tutela del consumatore. La personalizzazione dei servizi offerti può generare potenziali criticità sotto il profilo della tutela del consumatore, che potrebbe non essere posto nelle condizioni di sapere in che misura il servizio di ricerca/intermediazione utilizzato filtra o adegua i risultati sulla base delle caratteristiche individuali dell’utente.
L’asimmetria informativa tipica delle piattaforme digitali comporta una scarsissima consapevolezza degli utenti circa l’effettiva portata e pervasività della raccolta e dell’utilizzo dei propri dati a fini commerciali da parte delle imprese operanti on line (cfr. i risultati della menzionata surveycondotta dall’Autorità nel mese di febbraio 2018).
La scarsa consapevolezza in merito alla raccolta dei dati e alle relative modalità di utilizzo rende il consumatore particolarmente vulnerabile e privo di reale autodeterminazione nel momento in cui è di fronte alla scelta di avvalersi o meno di servizi on line, ancor più nell’ipotesi in cui tali servizi siano pubblicizzati come gratuiti e i dati forniti dall’utente costituiscano il solo valore di scambio.
In particolare, l’utente viene attratto dal claim sulla gratuità del servizio offerto nonché dall’agevole e immediata fruibilità dello stesso per poi essere indotto a condividere in rete esperienze personali, dati e informazioni, nella convinzione che tale attività sia esclusivamente funzionale alla stessa operatività e finalità del servizio fornito. Non sono invece chiaramente rese note le finalità remunerative perseguite dalle imprese, che possono ottenere il massimo sfruttamento economico dei dati attraverso la profilazione degli utenti. Una sempre più accurata profilazione dell’utenza consente infatti agli operatori di raggiungere target specifici di consumatori, indirizzando loro messaggi mirati, con crescenti livelli di personalizzazione.
La tutela del consumatore può senz’altro intervenire al fine di garantire che gli utenti siano posti nella condizione di esercitare consapevolmente e attivamente le proprie scelte di consumo. Ad esempio, nel citato provvedimento adottato dall’Autorità contro Facebook (2018), è stata ritenuta ingannevole la schermata di registrazione al social networknella quale mancava un’adeguata e immediata informazione circa le finalità commerciali della raccolta dei dati dell’utente. Le informazioni fornite risultavano infatti generiche ed incomplete e non distinguevano adeguatamente tra, da un lato, l’utilizzo dei dati funzionale alla personalizzazione del servizio con l’obiettivo di facilitare la socializzazione con altri utenti “consumatori”, e, dall’altro, l’utilizzo dei dati per realizzare campagne pubblicitarie mirate.
Oltre ai citati aspetti informativi, si pone una questione più generale di benessere dei consumatori. L’analisi dei dati individuali e la conseguente personalizzazione dell’offerta può infatti tradursi in una oggettiva difficoltà per gli utenti di confrontare le caratteristiche e i contenuti di offerte diverse, ostacolando cosìla comparabilità dei prodotti e la stessa libertà di scelta, con ricadute negative anche in termini concorrenziali. La personalizzazione e differenziazione dei prodotti offerti può infatti portare a forme di “offuscamento” facilitando peraltro, per questavia, equilibri collusivi caratterizzati da prezzi più elevati.
Personalizzazione dei servizi e pluralismo. Le preoccupazioni maggiori connesse al fenomeno della personalizzazione dei servizi, tuttavia, risiedono probabilmente in relazione alla tutela del pluralismo. Sebbene, infatti, i singoli utenti possono potenzialmente beneficiare dell’accesso ai contenuti giornalistici di maggiore interesse, un’elevata personalizzazione nella distribuzione di contenuti giornalistici può ridurre significativamente ilgrado di pluralismo nell’informazione e, conseguentemente, la possibilità per il consumatore di accedere a una pluralità e varietà di fonti informative. Su questo tema si rinvia a quanto illustrato supra (§ 3.1).
Fonte: Rapporto 2020 AGCOM, AGCM E GARANTE sui Big Data