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Coronavirus, il Governo sta pensando a un'app per tracciare i movimenti degli italiani
In Corea del Sud l’idea di controllare gli spostamenti dei cittadini ha funzionato, così si studia se e come applicarla nel nostro Paese. Ma i dubbi sono molti, e non solo per la privacy
Combattere il Covid-19 con un'app per tracciare i positivi e ricostruirne movimenti ed interazioni. E' la strada seguita in Corea del Sud. Sul tavolo del ministero dell'Innovazione stanno arrivando diversi progetti in materia, ma la Polizia postale è cauta. "Tecnicamente - spiega la direttrice del servizio, XXX - è fattibile, ma sarebbe uno strappo importante alle regole che ispirano il nostro ordinamento sulla tutela della privacy. Ovviamente - sottolinea - oggi siamo in un'emergenza straordinaria e potrebbe anche giustificarsi una deroga a quei principi generali. Una valutazione spetta a chi strategicamente, politicamente e giuridicamente deve gestire l'emergenza".
In discussione c'è anche la possibilità di seguire, utilizzando le cellule telefoniche, i cittadini che non rispettano i divieti ad uscire di casa. Il monitoraggio con questo sistema è stato attivato in Lombardia e il governatore, Attilio Fontana, mette le mani avanti. "Non è - sottolinea - un Grande Fratello pubblico. Si notano solo i grandi flussi, non c'è nessuna individuazione e nessuna volontà" di controllo: "Vogliamo solo capire quanto si muovano i cellulari sul territorio".
Il Garante della Privacy, XXX, frena: "Finora - spiega - ho letto numerosi generici riferimenti all'esperienza coreana e, più timidamente, cinese. Bisognerebbe conoscere proposte più definite. Mi limito a osservare che quelle esperienze sono maturate in ordinamenti con scarsa attenzione, sebbene in grado diverso, per le libertà individuali. E in ogni caso - aggiunge - mi sfugge l'utilità di una sorveglianza generalizzata alla quale non dovesse conseguire sia una gestione efficiente e trasparente di una mole così estesa di dati, sia un conseguente test diagnostico altrettanto generalizzato e sincronizzato".
Dal Governo non arriva ancora un'indicazione in materia, ma gli sviluppatori italiani di app sono scatenati ed hanno riversato al ministero dell'Innovazione guidato da XXX diversi progetti. A uno di questi sta lavorando Luca Foresti, fisico e amministratore delegato della rete di poliambulatori specialistici Centro medico Santagostino. "Vogliamo - informa l'esperto - costruire un sistema tecnologico che possa andare nelle mani delle istituzioni per aiutarle a gestire la crisi, tenuto conto del fatto che non sarà breve e avrà una crescita, è importante avere strumenti che permettono di tracciare cosa succede sul territorio". La tecnologia alla base dell'app permette, a partire dai dati georeferenziati e anonimi, di individuare movimenti e interazioni delle persone, raccoglie un loro diario clinico come l'insorgenza della febbre e altri sintomi, e sulla base delle informazioni georeferenziate ad esempio capisce, molto prima dell'arrivo in ospedale, che in una zona c'è un focolaio. Del team che sta elaborando l'applicazione fanno parte anche XXX, avvocato ed esperto nella protezione dei dati sensibili in Italia, e le società tecnologiche Jakkla, Bending Spoons e Geouniq.
Un'analoga applicazione è stata sviluppata dall'Università di Urbino ('Digital Arianna diAry'). "Consentiamo all'utente - spiegano gli autori - di conservare sul proprio dispositivo tutte le informazioni utili a tutelare sè stesso e gli altri. E' come se tutti gli smartphone fossero una grande banca dati distribuita in cui ciascuno gestisce i propri dati senza farli viaggiare in rete, ma sapendo che potranno essere incrociati in caso di necessità".
Il tracciamento degli utenti per contenere l'epidemia del coronavirus si può fare con gli operatori di telefonia mobile, con le app, oppure chiedendo dati ai big della tecnologia come Facebook e Google. Ma deve essere stabilità una finalità ed è necessario un provvedimento legislativo. E nel caso delle app, vecchie e nuove, ci vuole una disponibilità dell'utente a installarla e farsi localizzare. E' questo il parere di XXX, professore ordinario di Telecomunicazioni e preside della Facoltà di Ingegneria al Politecnico di Milano. "Le soluzioni tecniche ci sono - osserva XXX - ma bisogna chiarire gli obiettivi di un'operazione del genere con un numero di contagi così elevato. Tracciare i flussi è una cosa, tracciare le persone con una sorta di braccialetto elettronico è un'altra, legalmente non si può fare e ci devono essere provvedimenti giudiziari appositi, come nel caso di rapimenti o indagini. Sono le autorità che si stanno occupando dell'emergenza, quelle sanitarie e la Protezione Civile, a dover stabilire di cosa hanno bisogno. Se vogliono informazioni sulla base di una cella telefonica e le possono fornire gli operatori tlc (ieri Asstel, l'associazione che li riunisce, si è detta disponibile a collaborare con il governo, ndr); oppure la localizzazione precisa da gps con un'app già esistente come Google Maps o Facebook, oppure un'applicazione nuova. Bisognerebbe obbligare Facebook e Google o altre società tecnologiche a dare i dati".
Proprio ieri XXX ha specificato che non ha ricevuto dalle agenzie governative nessuna richiesta di condividere informazioni personali per controllare la diffusione del virus. "Tutti noi già usiamo tante applicazioni popolari da cui si può estrapolare la localizzazione - aggiunge l'esperto - ovviamente tutte sono soggette alla normativa europea sulla privacy (Gdpr) e seguono la regola del consenso".
Serve creare un'app nuova? "Se si tratta di seguire qualche individuo forse si', ma per centinaia o migliaia di persone bisogna obbligarle a installare l'app e dare il consenso. E sappiamo che anche le applicazioni più popolari ci mettono mesi o anni per raggiungere la massa".
Fonte: La Stampa - Coronavirus, il Governo sta pensando a un’app per tracciare i movimenti degli italiani