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17/04/2019 ILLECITI CIVILI- Corte di Cassazione, Sent. Sez.2 Num 10741 Anno 2019- operatore telefonico

Corte di Cassazione, sentenza n. 10741 anno 2019

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Fatto e diritto

Il Garante per la protezione dei dati personali propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria, avverso la sentenza del Tribunale di Padova 17.6.2014, che ha annullato l'ordinanza ingiunzione per il pagamento della sanzione di euro 36.000 per la violazione dell'art. 161 del codice di protezione dei dati personali irrogata alla Tel. com. L'opponente aveva chiesto l'annullamento dell'ordinanza mentre il Garante il rigetto dell'opposizione.

La sentenza ha riferito del verbale della guardia di finanza sulla intestazione di numerosissime schede telefoniche a terze persone del tutto ignare ed ha escluso che la concreta fattispecie contestata comportasse la violazione degli artt. 13 e 161 integrando, invece, la diversa fattispecie dell'art. 167, trattamento dei dati personali, norma speciale che attribuisce la competenza solo al giudice penale.

Il Garante denunzia 1) violazione degli artt. 4, 13, 161 d.lgs. 196/2003 perché è pacifico che si discute di dati personali raccolti ed utilizzati senza il consenso degli interessati; l'art. 13 impone l'obbligo di informativa e l'art. 161 sanziona la violazione; 2) omesso esame di fatto decisivo in relazione al verbale della guardia di finanza; 3) violazione dell'art. 2700 c.c.; 4) omesso esame di fatto decisivo nel riferimento alla mancata prova dell'illecito trattamento dei dati.

Resiste controparte con controricorso.

Il ricorso è fondato.

Dal non contestato contenuto del verbale di contestazione elevato dalla Guardia di finanza emerge, infatti, che oggetto di contestazione alla società resistente è stata l'avvenuta intestazione a persone del tutto ignare di numerosissime schede telefoniche. Orbene, appare del tutto logica la contestazione dell'avvenuta violazione degli artt. 161 e 13 del d.lgs. n. 196 del 2003, atteso che non è dubitabile che l'assunzione del dato personale, poi utilizzato per la intestazione delle schede telefoniche, sia avvenuta senza la previa informazione di cui all'art. 13 citato. Nel caso di specie, dunque, la contestazione dell'indebito utilizzo dei dati personali ha per presupposto, non solo logico ma anche effettivo e oggetto di specifica contestazione, l'accertamento dell'avvenuta acquisizione di quei dati in difetto della obbligatoria informazione da parte del responsabile del trattamento (non è contestato, infatti, che le schede siano state intestate a persone ignare di tale intestazione); informazione che, ovviamente, era onere del responsabile dimostrare di avere fornito ai soggetti i cui dati sono stati acquisiti e poi utilizzati a loro insaputa.

Non può, quindi, essere condiviso il ragionamento della sentenza impugnata, che muove dal diverso presupposto per cui la fase della raccolta dei dati personali non avrebbe formato oggetto di contestazione e che l'Autorità abbia pertanto applicato alla condotta di utilizzazione dei dati la sanzione prevista per la mancata informativa ai sensi dell'art. 13. D'altra parte, ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 196 del 2013, nel testo ratione temporis applicabile, deve intendersi per "trattamento", qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati. In sostanza, la contestazione della mancata informativa di cui all'art. 13 (art. 161, applicato nella specie), non può ritenersi esclusa per il fatto che il dato sia stato utilizzato, posto che l'utilizzazione presuppone la raccolta dello stesso nelle dovute forme stabilite dall'art. 13, e quindi nel rispetto dell'obbligo della necessaria informativa.

I primi due motivi di ricorso vanno quindi accolti, in quanto il Tribunale ha supposto come non contestata la condotta prevista dall'art. 13, nel mentre dal verbale di contestazione elevato dalla Guardia di Finanza emerge - secondo quanto riportato in ricorso dalla difesa erariale senza che sul punto la resistente abbia sollevato specifiche contestazioni - che oggetto di contestazione è stata la "omessa o inidonea informativa ai seguenti soggetti interessati al trattamento di dati personali". Deve, quindi, escludersi che il Garante abbia fatto applicazione analogica dell'art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003, nel mentre costituirà oggetto di accertamento nel giudizio di opposizione, sulla base dei motivi addotti dall'opponente, la sussistenza delle condotte contestate.

Fondati sono, altresì, il terzo e il quarto motivo, concernenti l'affermazione conclusiva della sentenza impugnata, per cui "Va in ogni caso evidenziato che non vi è nemmeno la prova dell'illecito trattamento dei dati personali da parte della Tel.Com. s.r.I., al di là dei rilievi, assorbenti, di illegittimità dell'ordinanza ingiunzione". Invero, la assertività della affermazione non consente di individuare le ragioni del convincimento espresso dal Tribunale, il quale, come Corte di Cassazione esattamente rilevato dall'Autorità ricorrente, non ha in alcun modo considerato, per escluderne la rilevanza, i verbali di contestazione elevati dalla Guardia di finanza, dai quali è scaturita l'ordinanza ingiunzione. La sentenza impugnata va dunque cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, al Tribunale di Padova, in persona di diverso magistrato, il quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Padova, in persona di altro Magistrato.

Fonte: Corte di Cassazione

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