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23/03/2020 Parere su istanza di accesso civico - 23 marzo 2020 > Verbali Consiglio di quartiere del Comune di Udine

Parere su una istanza di accesso civico - 23 marzo 2020

Registro dei provvedimenti
n. 59 del 23 marzo 2020

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GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito RGPD);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Udine, presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, il quale prevede che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell'organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno»;

VISTA la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Udine ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di accoglimento parziale di un accesso civico.

Nello specifico, oggetto dell’accesso civico risulta essere il rilascio di copia dei verbali di un Consiglio di quartiere del Comune.

Dagli atti risulta che l’amministrazione ha riscontrato l’accesso civico fornendo alcuni verbali con le firme autografe oscurate del Presidente e del Vicepresidente, mentre in relazione agli altri verbali richiesti – visto che risultavano «redatti “di pugno”» – è stato rappresentato al soggetto istante che «Per potere procedere al rilascio degli stessi tramite estrazione di copia è necessario che i verbali di cui trattasi vengano dattiloscritti, al fine di ottemperare a quanto previsto in materia di tutela dei dati personali dal Garante della Privacy».

Ciò nonostante il richiedente l’accesso ha insistito nel voler ricevere «anche i verbali redatti “di pugno” precisando [di] non desider[rare] che gli stessi vengano dattiloscritti, [ma] di acquisire copia proprio degli originali».

OSSERVA

Dagli atti emerge che oggetto di accesso civico siano alcuni verbali di un Consiglio di quartiere del Comune.

La particolarità del caso sottoposto all’attenzione del Garante risiede nella circostanza che alcuni dei predetti verbali sono stati redatti a mano e, pertanto, l’amministrazione vuole fornire al soggetto istante la copia dattiloscritta.

Secondo quanto riportato nella richiesta di parere al Garante da parte del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il Comune «ha ritenuto necessaria la dattiloscrizione dei verbali in considerazione di quanto indicato nel par. 8 delle Linee guida del 28 dicembre 2016, adottate dall'ANAC d’intesa con [il] Garante, in cui si precisa che l'Amministrazione, nel consentire o meno l'accesso, deve tenere in debito conto “i casi in cui la conoscibilità di determinati dati personali da parte di chiunque possa favorire il verificarsi di eventuali furti di identità o di creazione di identità fittizie” vietando, ad esempio, l’indiscriminata circolazione delle firme autografe, principio che, a parere dello scrivente ufficio, non può non estendersi analogicamente al rilascio di un documento, come quello oggetto della richiesta, redatto “di pugno”, anche in considerazione del fatto che, secondo la previsione di cui all'art 3 comma 1 del D.lgs. 33/2013, i dati e i documenti forniti al richiedente tramite accesso generalizzato sono considerati come “pubblici” e chiunque ha diritto di conoscerli e fruirne gratuitamente e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’art. 7».

Per i profili di competenza di questa Autorità, limitati alla sola protezione dei dati personali, si evidenzia che il d. lgs. n. 33/2013 ha riconosciuto il diritto di chiunque ad «accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione [obbligatoria]» (art. 5, comma 2) e che l’accesso deve essere rifiutato «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a).

Al riguardo, deve essere ricordato che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso alle informazioni e ai documenti richiesti, oppure fornire un accesso parziale.

Inoltre, è necessario rispettare – in ogni caso – i principi del RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c).

Questo significa, nel caso di specie, che è necessario evitare, in particolare, di fornire ulteriori dati personali eccedenti e sproporzionati rispetto alla finalità dell’accesso civico di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, par. 2, d. lgs. n. 33/2013), che potrebbero favorire il verificarsi di eventuali furti di identità o di creazione di identità fittizie attraverso le quali esercitare attività fraudolente; quali, ad esempio, la sottoscrizione autografa oppure, per analogia, anche altri elementi calligrafici e grafologici che possano essere riferiti univocamente a singoli individui (cfr., con riferimento alla sottoscrizione autografa, provv. n. 243 del 15/5/2014 recante le «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati, in G.U. n. 134 del 12/6/2014 e in www.gpdp.it, doc. web n. 3134436, parte prima, par. 9.b; Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, par. 8.1 e nota 12).

Pertanto, alla luce della normativa vigente e delle indicazioni prima citate contenute nelle Linee guida dell’ANAC, si concorda con il provvedimento di accoglimento dell’accesso civico dell’amministrazione e si ritiene che l’interesse conoscitivo del soggetto istante possa essere pienamente soddisfatto tramite l’ostensione della versione integrale dei verbali dattiloscritti dei consigli di quartiere, con omissione delle sottoscrizioni autografe. Al riguardo, infatti, tenendo conto del particolare regime di pubblicità dei documenti oggetto di accesso civico e della relativa riutilizzabilità da parte di terzi, in relazione alla fattispecie esaminata, un’indiscriminata circolazione degli stessi verbali redatti però “a mano” potrebbe realizzare effetti sfavorevoli sui soggetti controinteressati, come sopra descritti, con pregiudizio per la relativa riservatezza e protezione dei dati personali (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013).

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza Comune di Udine, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Fonte: Garante per la Protezione dei Dati

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