Parere su una istanza di accesso civico - 10 ottobre 2019
Registro dei provvedimenti
n. 184 del 10 ottobre 2019
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IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito RGPD);
Visto l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);
Visto l’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;
Vista la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);
Visto il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la dott.ssa Augusta Iannini;
PREMESSO
Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Università degli Studi di Ferrara ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego di un accesso civico.
Nello specifico, l’istanza di accesso civico aveva a oggetto i seguenti documenti:
- a) «deliberazione completa di motivazione adottata dalla Commissione Etica dell’Università di Ferrara in merito alla procedura […] relativa [al rispetto del Codice Etico da parte di un soggetto identificato in atti]»;
- b) «tutta la documentazione adottata dalla Commissione Etica per addivenire alla summenzionata delibera, ivi compresi eventuali pareri tecnici esterni»;
- c) «i verbali delle riunioni della Commissione Etica in cui si è discussa la procedura [sopraindicata]».
Dagli atti risulta che l’Università ha negato l’accesso civico a tutta la documentazione richiesta e che il soggetto richiedente l’accesso civico ha chiesto il riesame del provvedimento di diniego, allegando un parere pro veritate redatto dal proprio legale a fondamento del necessario accoglimento della propria richiesta.
OSSERVA
La questione sottoposta all’attenzione del Garante ha a oggetto la possibilità di concedere, tramite l’istituto dell’accesso civico generalizzato, tutta la documentazione della Commissione Etica dell’Ateneo relativa a una procedura avviata per verificare il rispetto del Codice Etico da parte del XX (in particolare: delibera finale integrale, verbali e documenti esaminati, compresi pareri tecnici).
Secondo quanto dichiarato dall’amministrazione, l’Università ha comunque «dato conto dell’esito del procedimento avviato e concluso in seno alla Commissione», informando, in tal modo, sia la comunità accademica dell’Università di Ferrara che l’opinione pubblica (cfr. quanto riportato nel provvedimento di diniego).
In tale quadro, la vicenda in esame presenta una serie di peculiarità di cui è necessario tenere conto di seguito riportate.
La Commissione Etica è un organo dell’Ateneo volto a vigilare sull’«osservanza dei principi ispiratori e delle regole del […] Codice [Etico dell’Università di Ferrara]», con funzioni consultive, di indagine e di controllo (art. 15, commi 1 e 4, del Codice Etico, approvato con D.R. prot. n. 18979 del 6/7/2015, rep. n. 862/2015).
L’accertata violazione del Codice Etico «può costituire motivo di determinazione di sanzioni disciplinari» e laddove la Commissione etica accerti una violazione ne dà notizia agli organi competenti che deliberano le sanzioni da comminare nei confronti del responsabile (art. 16, commi 1-2, Codice etico).
Secondo quanto riportato dall’amministrazione nel provvedimento di diniego dell’accesso civico, «La Commissione Etica d’Ateneo è organo imparziale ed autonomo di riferimento per qualsiasi questione di natura etica, morale e di condotta che si possa presentare nell’Ateneo e ha il ruolo specifico di tutelare i diritti, la sicurezza e il benessere dei soggetti interessati e, in esito allo svolgimento delle proprie attività, l’accertata violazione del Codice Etico può costituire motivo di determinazione di sanzioni disciplinari. Dare accessibilità ai verbali delle riunioni della Commissione, potrebbe causare a tutti gli istanti, danni legati alla sfera morale, relazionale e sociale, generando il possibile effetto di inibire tutto il personale che in futuro fosse interessato a rivolgersi alla medesima Commissione per pareri e procedimenti».
Ai sensi del Codice etico dell’Ateneo, inoltre, è fatto pertanto obbligo ai membri della Commissione etica di esercitare le proprie funzioni «in piena e scrupolosa osservanza dei canoni [, fra l’altro, di] riservatezza» (cfr. art. 15, comma 3).
Nella richiesta di parere al Garante da parte del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è, inoltre, evidenziato che è stato lo stesso XX a consegnare la documentazione necessaria, chiedendone spontaneamente l’esame alla Commissione etica e che il procedimento è stato chiuso con una «delibera che non ravvisa alcuna violazione del Codice Etico in capo [al XX stesso]».
È emerso, altresì, che la vicenda, sottostante la questione oggetto delle valutazioni della Commissione etica, è stata oggetto di attenzione mediatica su una testata giornalistica locale d’informazione online.
Alla luce di quanto ricostruito, con riferimento alla possibilità di esercitare l’accesso civico a tutta la documentazione della Commissione Etica dell’Ateneo riferita al procedimento in esame, è necessario in primo luogo evidenziare la circostanza per la quale – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013).
Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali del soggetto controinteressato, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai documenti richiesti, ai sensi del limite contenuto nell’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.
In tale contesto – richiamando anche i precedenti orientamenti del Garante in materia di accesso civico a sanzioni disciplinari (pareri contenuti nei provvedimenti n. 483 del 21 novembre 2018, in www.gpdp.it, doc. web n. 9065404; n. 515 del 7 dicembre 2017, ivi, doc. web n. 7316830; n. 254 del 31 maggio 2017, ivi, doc. web n. 6495493; n. 50 del 9 febbraio 2017, ivi, doc. web n. 6057812) – l’Università, ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC, ha correttamente respinto l’istanza di accesso civico presentata.
Ciò in quanto, la generale conoscenza delle informazioni richieste – riferite al XX interessato e agli altri soggetti coinvolti nel procedimento – viola il dovere di riservatezza della Commissione etica (alla quale il XX si era peraltro rivolto spontaneamente) e determina un’interferenza sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti controinteressati, tenute in considerazione, in particolare, le relative ragionevoli aspettative di confidenzialità innanzitutto del XX, che ha attivato il procedimento presso la Commissione Etica e, poi, degli altri soggetti coinvolti, i quali potevano tutti ragionevolmente fare affidamento sul carattere riservato del medesimo procedimento . Un’eventuale ostensione tramite l’istituto dell’accesso civico generalizzato delle predette informazioni violerebbe peraltro anche del principio di «minimizzazione dei dati» contenuto nel RGPD, in base al quale i dati personali devono essere, fra l’altro, «limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. c).
Per tali motivi, non sono condivisibili le argomentazioni contenute nel parere pro veritate allegato alla richiesta di riesame dal soggetto istante, favorevole invece all’ostensione di tutta la documentazione richiesta, sostenendo la prevalenza del principio di trasparenza sulla protezione dei dati personali nel bilanciamento di interessi da effettuare nel caso di specie, fondato, fra l’altro, anche sulla circostanza che nella documentazione richiesta non sarebbero contenuti cc.dd. “dati sensibili” (ossia relativi alla salute, orientamento sessuale, politico, religioso ecc.).
In relazione alla fattispecie sottoposta all’attenzione del Garante il principio di trasparenza appare già pienamente soddisfatto dalla conoscenza dell’esito del procedimento avviato e concluso in seno alla Commissione, che l’Università ha già provveduto ad assicurare.
L’ulteriore documentazione di cui si richiede l’ostensione (delibera finale integrale, verbali e documenti esaminati, compresi i pareri tecnici), contiene in ogni caso – indipendentemente dalla presenza o meno di dati cc.dd. “sensibili” (oggi compresi nelle «categorie particolari di dati personali» di cui all’art. 9 del RGPD) – dati e informazioni personali delicati, afferenti al rispetto del Codice Etico dell’Ateneo da parte di un XX e di altri soggetti coinvolti. La relativa conoscenza, considerando il particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, può pertanto effettivamente arrecare al soggetto interessato e agli altri soggetti coinvolti nel procedimento – a seconda delle ipotesi e del contesto in cui le informazioni fornite possono essere utilizzate da terzi – proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013. La probabilità di tale pregiudizio è, inoltre, amplificata dalla notorietà a livello locale che la vicenda ha avuto su una testata giornalistica online e dalla circostanza di poter causare danni legati alla sfera morale, relazionale, professionale e sociale, sul XX interessato e sulle altre persone coinvolte sia all’interno che all’esterno della comunità scientifica di appartenenza.
Le predette considerazioni impediscono, altresì, di accordare un eventuale accesso civico parziale ai sensi dell’art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013, oscurando i nominativi dei soggetti controinteressati, in quanto questi ultimi riceverebbero in ogni caso un pregiudizio alla protezione dei propri dati personali, risultando indirettamente identificabili, anche all’interno del luogo di lavoro, attraverso gli ulteriori dati di contesto o le informazioni di dettaglio contenuti nei documenti richiesti.
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Università degli Studi di Ferrara, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.
Fonte: Garante per la Protezione dei Dati