Parere su una istanza di acceso civico - 7 febbraio 2019
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n. 27 del 7 febbraio 2019
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IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Visto l’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;
Visto l’art. 58, par. 3, lett. b), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati) (di seguito “Regolamento”);
Visto l’art. 154, comma 1, lett. g), del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 intitolato «Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE» (di seguito “Codice”);
Vista la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);
Visto il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;
PREMESSO
Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nelle Istituzioni scolastiche della Lombardia ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame di un provvedimento di diniego di accesso agli atti di un dirigente scolastico.
Nello specifico, dagli atti risulta che è stata presentata al dirigente scolastico di un Istituto comprensivo statale una «richiesta di accesso formale agli atti e di estrazione di copia dei documenti ai sensi degli artt. 22 e 25 legge 241/90 nonché del d.lgs. 17 maggio 2016 recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012 n. 190 e del d.lgs 14 marzo 2013 n. 33 ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 2015 n. 124” avente ad oggetto “copia relativa al periodo di malattia …(dal … al …) chiesto dall’insegnate […] nell’anno scolastico 2016/2017 con indicazione del luogo comunicato dalla stessa per l’effettuazione delle visite fiscali».
A sostegno della sua richiesta l’istante sosteneva che «il diritto di accesso viene accordato ai soggetti che possano utilizzare tali atti al fine di tutelare una propria posizione giuridicamente rilevante».
L’amministrazione ha provveduto a comunicare la richiesta di accesso agli atti alla controinteressata, la quale ha manifestato formale diniego poiché «non ricorrono certamente, nemmeno in via mediata, i presupposi previsti dalla legge n° 241 del 7/8/1990», adducendo, tra l’altro, che «estrarre copia relativa al periodo di malattia (dal … al …) violerebbe palesemente il principio di riservatezza, anche dei dati sanitari, così come ulteriore principio di riservatezza tutelabile, anche in presenza di accesso agli atti, sarebbe violato indicando il luogo ove la scrivente ha trascorso gli eventuali periodi o periodo di malattia».
L’amministrazione ha ritenuto, «visto il motivato diniego della parte controinteressata», di non poter accogliere la richiesta dell’istante e pertanto ha opposto “diniego all’accesso agli atti”.
Il soggetto istante, non ritenendosi soddisfatto dal riscontro ricevuto -lamentando che «il diniego opposto dall’istituzione scolastica è assolutamente immotivato ex art. 3 legge 241/1990 in forza del quale, se le ragioni della decisione risultano da altro atto richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma di legge, anche l’atto cui essa si richiama» – ha presentato una richiesta di riesame al «diniego richiesta di accesso formale agli atti e di estrazione di copia dei documenti ai sensi degli artt. 22 e 25 legge 241/90 nonché del d.lgs. 17 maggio 2016 recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012 n. 190 e del d.lgs 14 marzo 2013 n. 33 ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 2015 n. 124».
OSSERVA
1. Introduzione
La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede che l’accesso civico è istituto preordinato a «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» e che, in tale contesto, «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).
La medesima normativa sancisce che l’accesso civico è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a)) ed è, comunque «escluso», nei «casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge» (art. 5-bis, comma 3).
Giova, inoltre, rammentare che, per «dato personale» deve intendersi «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e che «si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, del Regolamento).
Si evidenzia, altresì, che per dati «dati relativi alla salute» si intendono i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano informazioni relative al suo stato di salute, i quali sono assoggettati a uno specifico regime di tutela in ragione della loro intrinseca delicatezza (v. artt. 4, par. 1, punto 15, e 9, del Regolamento UE 2016/679, nonché artt. 2-ter e ss. del Codice).
La predetta disciplina di fonte europea prevede, inoltre, che il trattamento dei dati personali debba avvenire nel rispetto dei principi indicati dall’art. 5, fra cui quello di «minimizzazione dei dati», secondo il quale i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. c)).
Sotto il profilo procedurale, il Garante deve essere sentito dal Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nel caso di riesame a esso presentato, laddove l’accesso sia stato negato o differito per motivi attinenti alla tutela della «protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (artt. 5, comma 7; 5-bis, comma 2, lett. a) del d. lgs. n. 33/2013).
2. Il caso sottoposto al Garante. Osservazioni.
Nel caso sottoposto all’attenzione del Garante risulta che sia stata presentata una richiesta di accesso a documenti detenuti da un Istituto scolastico ai sensi della disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi (l. n. 241/1990).
Pur essendo presente, nell’oggetto della richiesta, un generico riferimento alla materia di accesso civico (d. lgs. n. 33/2013), dagli atti emerge chiaramente che il procedimento è stato qualificato e regolato dagli artt. 22 e seg. della l. 241/90 quale “accesso ai documenti amministrativi”.
Al riguardo si rappresenta, in via preliminare, che non bisogna confondere i due tipi di accesso disciplinati dal d. lgs. n. 33/2013 e dalla l. n. 241/1990, in quanto «l’accesso generalizzato deve essere […] tenuto distinto dalla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 [che] continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi. Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni» (par. 2.3. delle Linee guida in materia di accesso civico dell’ANAC, cit., sentenze T.A.R. Lazio-Roma, Sez. III bis, del 22/03/2017, n. 3769 e del 21/03/2017, n. 3742).
Ciò chiarito, occorre precisare che questa Autorità non può pronunciarsi sul diritto di accesso ai documenti amministrativi (l. n. 241/1990) e sull’esistenza di un eventuale interesse qualificato dell’istante, che rimangono di competenza dell’amministrazione adita (sindacabili di fronte alle competenti autorità, ai sensi dell’art. 25 della citata legge).
Infine, con riferimento alla richiesta di riesame, avanzata ai sensi della legge n. 241/1990, considerato che l’istante reputa di vantare un interesse qualificato all’accesso, si ricorda comunque che la normativa prevede che «Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale» (art. 24, comma 7 della citata legge n. 241/1990) e che il predetto art. 60 del Codice stabilisce che, con riferimento alle richieste di accesso a «dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale», «il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale».
Spetta, pertanto, all’amministrazione destinataria della richiesta, verificare, nel caso concreto, l’effettiva esistenza dell’interesse qualificato dell’istante e la configurabilità di una situazione giuridica a esso riferibile di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile, seguendo, a tal fine, le indicazioni fornite dal Garante nel «Provvedimento generale sui diritti di “pari rango”» del 9/7/2003 (in www.gpdp.it, doc. web n. 29832).
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nelle Istituzioni scolastiche della Lombardia, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.
Fonte: Garante per la Protezione dei Dati