Parere su una istanza di accesso civico - 14 mazo 2019
Registro dei provvedimenti
n. 61 del 14 marzo 2019
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IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Visto l’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;
Visto l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);
Vista la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);
Visto il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la prof.ssa Licia Califano;
PREMESSO
Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Ministero della Giustizia ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame su un provvedimento di diniego di due istanze di accesso civico emessi da un Tribunale.
Dagli atti risulta che siano state presentate istanze di accesso, sia ai sensi della legge n. 241 del 7/8/1990 che del d. lgs. n. 33/2013, ai dati relativi alla presenza o meno del Direttore amministrativo e di un operatore giudiziario, identificati in atti, assegnati alla «Cancelleria Ufficio Successioni Tribunale di […]», in alcuni specifici giorni risalenti al mese di luglio 2015.
Il Tribunale ha respinto l’istanza di accesso civico, evidenziando che l’amministrazione aveva già provveduto a fornire i dati richiesti ai sensi della l. n. 241/1990, in quanto la richiesta dell’«accesso agli atti [era] finalizzata all’esercizio del diritto di difesa instaurato per la divisione ereditaria», pendente presso il tribunale.
È stato aggiunto, inoltre, che i dati richiesti non potevano essere forniti attraverso l’istituto dell’accesso civico, in quanto «il dato costituito dalla presenza in servizio del personale di cancelleria dell’Ufficio Successioni del Tribunale […] non ha valenza pubblica ed anzi ha chiaramente natura di atto sensibile ex art. 4, lett. d, del decreto legislativo n. 196/2003 (in proposito basti pensare che l’eventuale assenza per malattia è astrattamente idonea a rivelare lo stato di salute dell’interessato) per il quale vige l’obbligo di riservatezza».
Ciò nonostante, il soggetto istante ha presentato richiesta di riesame del provvedimento di diniego dell’accesso civico al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, evidenziando che la presenza di «dati o documenti relativi a (o contenenti) dati personali non costituisce un limite assoluto all’accesso» richiesto che possa giustificare l’«omissione di ogni dato idoneo a disvelare le ragioni delle assenze» e, aggiungendo, quindi di voler ricevere «copia del foglio presenze» dei dipendenti del Tribunale in questione ai sensi del d. lgs. n. 33/2013.
OSSERVA
La particolarità del caso sottoposto all’attenzione del Garante risiede nella circostanza che il soggetto istante ha presentato contemporaneamente richiesta di accesso ai documenti amministrativi ai sensi degli art. 22 ss. della l. n. 21/1990 e richiesta di accesso civico “generalizzato” ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013, aventi medesimo oggetto.
Nello specifico, si dichiara di voler ricevere dati e informazioni riguardanti la presenza o meno in servizio di alcuni dipendenti della cancelleria di un Tribunale, con indicazione delle cause di assenza e rilascio della copia del foglio presenze.
Al riguardo, l’Ente ha negato l’accesso civico, ma ha, in ogni caso, istruito contemporaneamente il procedimento di accesso documentale ai sensi della l. n. 241/1990, notificando la domanda di accesso ai soggetti controinteressati che non si sono opposti. In tale quadro, ritenendo esistere un interesse qualificato del richiedente a ottenere i dati richiesti per l’esercizio del diritto di difesa in un processo già pendente, ha fornito un prospetto con le presente del personale nei giorni richiesti. Dagli atti non risulta che tale provvedimento sia stato impugnato.
Ciò nondimeno, il soggetto istante, ritenendo, evidentemente, non sufficiente la mera conoscenza dei soli giorni di presenza dei dipendenti – ricevuti tramite la domanda di accesso agli atti ai sensi della l n. 241/1990 – ha chiesto il riesame all’amministrazione dell’altro provvedimento di diniego dell’accesso civico, precisando di voler ricevere proprio la copia del foglio presenze dal quale poter evincere anche la causa delle assenze dal servizio.
Alla luce di quanto rappresentato, si evidenzia in primo luogo che i dati e le informazioni personali dei dipendenti del tribunale, richiesti con l’accesso civico, afferenti alle assenze dal servizio e alla relativa causa sono di diversa specie e natura e possono rivelare, in alcuni casi, come evidenziato dall’amministrazione nel provvedimento di diniego dell’accesso civico, anche dati relativi alla salute nel caso di assenza per malattia.
Fermo restando che esiste un espresso divieto di diffusione dei dati relativi alla salute (art. 2-septies, comma 8, del Codice; art. 4, par. 1, n. 15 del Regolamento), che impedisce la possibilità di esercitare su di essi un eventuale accesso civico versandosi in una delle ipotesi per cui l’accesso civico va “escluso” ai sensi dell’art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013 (cfr. i pareri resi nei seguenti provvedimenti: n. 226 del 16 aprile 2018, in www.gpdp.it, doc. web n. 8983848; n. 188 del 10/4/2017, ivi, doc. web n. 6383249; n. 206 del 27/4/2017, ivi, doc. web n. 6388689; n. 98 del 22/2/2018, ivi, doc. web n. 8165944), si ritiene che – in ogni caso – l’amministrazione abbia correttamente rifiutato l’accesso civico anche alle altre informazioni dei dipendenti attinenti alle presenze o meno in servizio (e alle relative cause), in quanto la relativa ostensione tramite l’accesso civico potrebbe comportare proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.
Deve infatti essere ricordato che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013).
Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che l’ente destinatario dell’istanza deve valutare se i dati personali richiesti arrecano (o possano arrecare) un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali del soggetto controinteressato, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso alle informazioni e al documento richiesto oppure se poter fornire un accesso parziale (art. 5-bis, comma 4, d. lgs. n. 33/2013).
In tale quadro, considerando la tipologia e la natura dei dati dei dipendenti richiesti e il particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, si ritiene che – conformemente ai precedenti orientamenti di questa Autorità in materia di accesso civico a dati personali dei lavoratori e alle loro presenze in servizio (cfr. pareri contenuti nei provvedimenti n. 516 del 19/12/2018, in www.gpdp.it, doc. web n. 9075337; n. 190 del 10 aprile 2017, ivi, doc. web n. 6383028; n. 369 del 13 settembre 2017, ivi, doc. web n. 7155944) – dall’ostensione dei dati e delle informazioni richieste potrebbero derivare ai soggetto controinteressati ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e professionale, comportando proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013. Ciò anche tenendo conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità dell’interessato e alla non prevedibilità delle conseguenze derivanti a quest’ultimo dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).
Le predette osservazioni impediscono anche la possibilità di accordare un eventuale accesso civico parziale, oscurando i dati dei controinteressati, in quanto, come sopra evidenziato, tale accorgimento tecnico non eliminerebbe completamente la possibilità re-identificare i dipendenti e in ogni caso l’identità di quest’ultimi è già conosciuta dal soggetto istante.
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Ministero della Giustizia, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.
Fonte: Garante per la Protezione dei Dati