Parere su una istanza di accesso civico - 29 dicembre 2017
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n. 566 del 29 dicembre 2017
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IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Visto l´art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;
Visto l´art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito "Codice");
Vista la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell´Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d´intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all´accesso civico di cui all´art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito "Linee guida dell´ANAC in materia di accesso civico");
Visto il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all´accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la dott.ssa Augusta Iannini;
PREMESSO
Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha chiesto al Garante il parere previsto dall´art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, nell´ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego di un´istanza di accesso civico.
Nello specifico, il predetto accesso civico aveva a oggetto la «documentazione completa inerente il procedimento avviato per valutare le benemerenze acquisite verso la Nazione [da parte del soggetto identificato in atti], perché il Presidente del Consiglio […] lo potesse motivatamente proporre al Presidente della Repubblica per l´attribuzione della onorificenza di cavaliere […]».
L´Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha negato l´accesso civico rappresentando, fra l´altro, che:
- «il conferimento dell´onorificenza è un atto discrezionale e rientra nelle prerogative del Presidente della Repubblica e come tale non è sindacabile. Con DPCM del 27/06/2011 n. 143 è stata prevista l´esclusione dell´accesso documentale di tutta la documentazione riguardante il conferimento di Onorificenze; in altri termini l´accesso ai documenti amministrativi è escluso anche agli stessi destinatari dell´onorificenza»;
- «il conferimento onorifico è un atto complesso, che prevede una approfondita istruttoria a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, mirata ad accertare le benemerenze possedute e l´onorabilità sotto tutti gli aspetti dell´aspirante, tramite raccolta di informazioni e altri atti e documenti idonei a rivelare dati personali, anche sensibili, con particolare riguardo agli eventuali procedimenti giudiziari».
Dagli atti risulta inoltre che il soggetto controinteressato aveva presentato opposizione al predetto accesso civico, evidenziando, fra l´altro, che l´istante aveva già presentato a diverse amministrazioni oltre 250 domande di accesso «al fine di acquisire informazioni personali, professionali, e da ultimo commerciali e industriali» su di esso e che per tale motivo lo aveva diffidato formalmente al fine di «interrompere le attività di indebita interferenza posta in essere».
OSSERVA
1. Introduzione
La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, fra l´altro, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull´utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall´articolo 5-bis» (art. 5, comma 2). L´esercizio di tale diritto «non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente […] e non richiede motivazione» (art. 5, comma 3).
La medesima normativa sancisce che l´accesso civico è rifiutato, fra l´altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a)) ed è, comunque «escluso» nei «casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l´accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all´articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990» (art. 5-bis, comma 3).
In tale quadro, si ricorda che per «dato personale» si intende «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (art. 4, comma 1, lett. b), del Codice).
Con riferimento al procedimento relativo all´accesso civico, il Garante deve essere sentito dal Responsabile della prevenzione della corruzione nel caso di richiesta di riesame, laddove l´accesso sia stato negato o differito per motivi attinenti alla tutela della «protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (artt. 5, comma 7; 5-bis, comma 2, lett. a), d. lgs. n. 33/2013).
Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all´accesso civico, è previsto che «l´Autorità nazionale anticorruzione, d´intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all´articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adott[i] linee guida recanti indicazioni operative» (art. 5-bis, comma 6).
In proposito, l´Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, d´intesa con il Garante, ha approvato le citate «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all´accesso civico di cui all´art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013».
2. Sulla valutazione da effettuare in ordine all´esistenza di un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali
Nel merito, per i profili di competenza in materia di protezione dei dati personali, si rinvia, in primo luogo, al contenuto delle Linee guida dell´ANAC in materia di accesso civico, laddove è precisato, in particolare (par. 8.1), che:
- «La disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede che ogni trattamento – quindi anche una comunicazione di dati personali a un terzo tramite l´accesso generalizzato – deve essere effettuato "nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell´interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all´identità personale […]", ivi inclusi il diritto alla reputazione, all´immagine, al nome, all´oblio, nonché i diritti inviolabili della persona di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione. Nel quadro descritto, anche le comunicazioni di dati personali nell´ambito del procedimento di accesso generalizzato non devono determinare un´interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati ai sensi dell´art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell´uomo e delle libertà fondamentali, dell´art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea e della giurisprudenza europea in materia»;
- «Ai fini della valutazione del pregiudizio concreto, vanno prese in considerazione le conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e sociale – che potrebbero derivare all´interessato (o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo) dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all´art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013, in base alla quale i dati e i documenti forniti al richiedente tramite l´accesso generalizzato sono considerati come "pubblici", sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 7 del d. lgs. n. 33/2013). Tali conseguenze potrebbero riguardare, ad esempio, future azioni da parte di terzi nei confronti dell´interessato, o situazioni che potrebbero determinare l´estromissione o la discriminazione dello stesso individuo, oppure altri svantaggi personali e/o sociali. In questo quadro, può essere valutata, ad esempio, l´eventualità che l´interessato possa essere esposto a minacce, intimidazioni, ritorsioni o turbative al regolare svolgimento delle funzioni pubbliche o delle attività di pubblico interesse esercitate, che potrebbero derivare, a seconda delle particolari circostanze del caso, dalla conoscibilità di determinati dati. Analogamente, vanno tenuti in debito conto i casi in cui la conoscibilità di determinati dati personali da parte di chiunque possa favorire il verificarsi di eventuali furti di identità o di creazione di identità fittizie attraverso le quali esercitare attività fraudolente»;
- «Nel valutare l´impatto nei riguardi dell´interessato, vanno tenute in debito conto anche le ragionevoli aspettative di quest´ultimo riguardo al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti, ad esempio nel caso in cui le predette conseguenze non erano prevedibili al momento della raccolta dei dati»;
- «Per verificare l´impatto sfavorevole che potrebbe derivare all´interessato dalla conoscibilità da parte di chiunque delle informazioni richieste, l´ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato deve far riferimento a diversi parametri, tra i quali, anche la natura dei dati personali oggetto della richiesta di accesso o contenuti nei documenti ai quali di chiede di accedere, nonché il ruolo ricoperto nella vita pubblica, la funzione pubblica esercitata o l´attività di pubblico interesse svolta dalla persona cui si riferiscono i predetti dati»;
- «va considerato altresì che la sussistenza di un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali può verificarsi con più probabilità per talune particolari informazioni – come ad esempio situazioni personali, familiari, professionali, patrimoniali – di persone fisiche destinatarie dell´attività amministrativa o intervenute a vario titolo nella stessa e che, quindi, non ricoprono necessariamente un ruolo nella vita pubblica o non esercitano funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse. Ciò anche pensando, come già visto, alle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati riguardo a talune informazioni in possesso dei soggetti destinatari delle istanze di accesso generalizzato o la non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque di tali dati».
Si richiama, inoltre, l´attenzione sulla circostanza che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti ricevuti a seguito di una istanza di accesso civico sono soggetti a un particolare regime di pubblicità, essendo previsto che «Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico […] sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell´articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013).
3. Sullo specifico caso sottoposto all´esame del Garante
La normativa statale di settore in materia di onorificenze è contenuta nella legge 3/3/1951, n. 178 recante «Istituzione dell´Ordine "Al merito della Repubblica italiana" e disciplina del conferimento e dell´uso delle onorificenze» (cfr. anche il d.P.R. 13/5/1952, n. 458 recante «Norme per l´attuazione della L. 3 marzo 1951, n. 178, concernente la istituzione dell´Ordine "Al merito della Repubblica italiana» e la disciplina del conferimento e dell´uso delle onorificenze"; nonché il d.P.R. 31/10/1952 recante «Approvazione dello statuto dell´Ordine "Al merito della Repubblica italiana"».
Si evidenzia che è previsto come l´«Ordine "Al merito della Repubblica italiana"» sia «destinato a ricompensare benemerenze acquistate verso la Nazione nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell´economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte ai fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari» (art. 1, del citato d.P.R. 31/10/1952).
È, inoltre, sancito che le onorificenze siano conferite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dell´Ordine (art. 4, comma 1, l. n. 178/1951).
Nel caso sottoposto all´attenzione dei Garante è stata presentata un´istanza di accesso civico alla documentazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, detenuta dall´Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le onorificenze, relativa all´istruttoria inerente alla proposizione al Presidente della Repubblica del soggetto (identificato in atti) per l´attribuzione della onorificenza di cavaliere da parte del Capo di Stato. Dagli atti risulta che il soggetto in questione abbia ricevuto la predetta onorificenza con apposito decreto del Presidente della Repubblica.
Dall´istruttoria emerge, inoltre, che la documentazione richiesta contiene dati e informazioni personali di diversa specie e natura, in quanto, come rilevato nel provvedimento di diniego dell´accesso civico «il conferimento onorifico è un atto complesso, che prevede una approfondita istruttoria a cura della presidenza del Consiglio dei Ministri, mirata ad accertare le benemerenze possedute e l´onorabilità sotto tutti gli aspetti dell´aspirante, tramite raccolta di informazioni e altri atti e documenti idonei a rivelare dati personali, anche sensibili, con particolare riguardo agli eventuali procedimenti giudiziari».
Nel caso sottoposto all´attenzione del Garante, inoltre, dalla richiesta di riesame al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza risulta che le ragioni che hanno condotto alla richiesta di accesso civico riguarderebbero motivi di carattere strettamente personale, confermati anche nella nota contenente l´opposizione del soggetto controinteressato, laddove si evidenzia che l´istante aveva già presentato a diverse amministrazioni oltre 250 domande di accesso «al fine di acquisire informazioni personali, professionali, e da ultimo commerciali e industriali» su di esso. Tali circostanze non risultano conformi a quanto indicato anche nelle citate Linee guida dell´ANAC in materia di accesso civico, nella parte in cui si ricorda che l´accesso "generalizzato" è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla p.a. «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull´utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013) (cfr. par. 8.1).
Per tutti i motivi sopradescritti, si ritiene che, ai sensi della normativa vigente e delle richiamate indicazioni contenute nelle Linee guida dell´ANAC in materia di accesso civico – considerando anche il particolare regime di pubblicità dei dati e documenti oggetti di accesso civico (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013) – la Presidenza del Consiglio dei Ministri abbia correttamente respinto l´accesso civico. Ciò in quanto l´ostensione della documentazione richiesta, unita alla generale conoscenza e al particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, può arrecare al soggetto interessato, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui le informazioni fornite possono essere utilizzate da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall´art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.
Per completezza, si rappresenta, che la normativa statale di settore esclude l´accesso civico – ai sensi dell´art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013 – oltre che «nei casi di segreto di Stato», anche «negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l´accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all´articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990».
Come noto, tale ultima disposizione, a sua volta, prevede che «Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del [medesimo art. 24]».
In tale quadro normativo, nel riscontro della Presidenza del Consiglio all´istanza di accesso civico, è stato richiamato il d.P.C.M. 27/06/2011, n. 143 («Regolamento recante "L´individuazione dei casi di esclusione dal diritto d´accesso ai documenti amministrativi di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell´articolo 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241»), che sottrae all´accesso, «Ai sensi dell´articolo 24, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241», «i documenti riguardanti il conferimento di onorificenze, decorazioni, ricompense, istituti premiali e patrocini, nonché l´adesione a comitati d´onore e consimili da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri» (art. 2, comma 1, lett. d)).
Il medesimo regolamento prevede che «Ai sensi dell´articolo 24, commi 1 e 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, s[iano] altresì sottratti all´accesso i documenti o atti amministrativi che altre amministrazioni hanno sottratto all´accesso in base ad una specifica normativa che li riguarda e che la Presidenza del Consiglio dei Ministri detiene in quanto atti di un procedimento di propria competenza» (art. 2, comma 2).
Pertanto, è rilevante quanto evidenziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, laddove è stato precisato che «il conferimento dell´onorificenza è un atto discrezionale e rientra nelle prerogative del Presidente della Repubblica e come tale non è sindacabile» e che «Con DPCM del 27/06/2011 n. 143 è stata prevista l´esclusione dell´accesso documentale di tutta la documentazione riguardante il conferimento di Onorificenze; in altri termini l´accesso ai documenti amministrativi è escluso anche agli stessi destinatari dell´onorificenza».
L´interpretazione dell´art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013 offerta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha riscontrato l´istanza di accesso civico risulta conforme – come già rilevato precedentemente da questa Autorità (provv. n. 434 del 26/10/2017, in www.gpdp.it, doc. web n. 7156279; provv. n. 459 del 9/11/2017, ivi, doc. web n. 7156608) – alla più recedente giurisprudenza dei tribunali amministrativi regionali (TAR Lazio, sez. 1, 3/7/2017 n. 7592; cfr. anche TAR Veneto 10/5/2017 n. 463) e del Consiglio di Stato che, proprio da ultimo, ha precisato, con riferimento all´accesso civico disciplinato dall´art. 5, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 33/2013, che «Come la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 2013 n. 5515), l´accesso civico disciplina situazioni non ampliative, né sovrapponibili a quelle che consentono l´accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli artt. 22 ss. l. n. 241/1990» (Cons. Stato, sez. IV, 13/7/2017 n. 3461. Cfr. anche TAR Veneto n. 463/2017, cit., laddove si afferma che «In sostanza, l´accesso civico non può essere utilizzato per superare, in particolare in materia di interessi personali e dei principi della riservatezza, i limiti imposti dalla legge 241 del 1990»).
Il complesso delle circostanze impediscono, altresì, di accordare un eventuale accesso civico parziale alla documentazione richiesta, ai sensi dell´art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013.
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell´art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.
Fonte: Garante per la Protezione dei Dati