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07/12/2023 Accesso civico generalizzato e accesso documentale alle prove concorsuali. Il punto del Garante della Privacy
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Il Garante della Privacy ha avuto modo di fare il punto, con provvedimento n. 177 del 27 aprile 2023 [doc. web n. 9895517], sulle modalità di gestione delle domande di accesso civico generalizzato da parte di un partecipante alle prove scritte concorsuali degli altri candidati, e alla differenza rispetto all’accesso documentale.

La richiesta di accesso civico

Nel caso esaminato dal Garante, che può essere utilizzato come paradigma per l’accesso civico generalizzato ed il limite nell’accesso ai dati personali, veniva presentata una richiesta di accesso civico al Comune che aveva avviato la procedura concorsuale – ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013.

L’istanza aveva ad oggetto la copia «di tutti gli «elaborati relativi alla seconda prova d’esame di tutti i candidati ammessi alla successiva fase concorsuale della procedura» per il reclutamento di un Istruttore Direttivo-Assistente Sociale con contratto a tempo pieno e indeterminato. Il soggetto istante dichiarava, fra l’altro, di essere un partecipante alla suddetta procedura.

La prova, a cui veniva richiesto l’accesso, consisteva nella «redazione di progetti, individuazione di iter procedurali o percorsi operativi, soluzioni di casi, elaborazione di schemi di atti, simulazioni di interventi» in specifiche materie riportate in atti.

Gli elaborati concorsuali e la loro natura di dati personali

La prima questione che deve essere affrontata, è relativa alla natura degli elaborati concorsuali e alla loro riconducibilità al dato personale, e ciò anche nell’ipotesi in cui, come avvenuto nel caso di specie, venga formulata istanza di ricevere gli elaborati anche anonimizzati, ovvero senza l'indicazione del partecipante che lo ha redatto.

Su tale tema, come ricordato dal Garante della Privacy, si è espressa la Corte di Giustizia dell’UE.

La Corte, in particolare, si è pronunciata sulla nozione di «dati personali» con particolare riferimento a una prova d’esame professionale e alle «risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale» (CGUE 20/12/2017, C-434/16), chiarendo che è «pacifico che un candidato a un esame professionale è una persona fisica che può essere identificata, vuoi direttamente mediante il suo nome, vuoi indirettamente, mediante un numero d’identificazione […]».

Secondo i giudici europei, le risposte scritte fornite da un candidato durante un esame professionale costituiscono «dati personali», ai sensi della definizione contenuta nella disciplina in materia (oggi confluita nell’art. 4, par. 1, n. 1, del RGPD). Infatti «le risposte scritte fornite da un candidato a un esame professionale costituiscono simili informazioni, connesse alla sua persona [in quanto] innanzitutto, il contenuto di tali risposte riflette il livello di conoscenza e di competenza del candidato in un dato settore nonché, se del caso, i suoi processi di riflessione, il suo giudizio e il suo spirito critico. In caso di esame redatto a mano le risposte contengono, inoltre, informazioni grafologiche» e «La raccolta di tali risposte ha, poi, la funzione di valutare le capacità professionali del candidato e la sua idoneità a esercitare il mestiere di cui trattasi»

In tale contesto «l’uso di tali informazioni, che si traduce, segnatamente, nel successo o nel fallimento del candidato all’esame di cui trattasi, può avere un effetto sui diritti e interessi dello stesso, in quanto può determinare o influenzare, per esempio, le sue possibilità di accedere alla professione o all’impiego desiderati» e «come ha rilevato l’avvocato generale […], qualsiasi esame è diretto a verificare e a stabilire le prestazioni individuali di una specifica persona, segnatamente del candidato, e non, diversamente, ad esempio, da un sondaggio rappresentativo, ad ottenere informazioni non associabili a tale persona»

Il Garante condivide e fa proprie le decisioni della Corte di Giustizia Europea, ritenendo, per l’appunto, che il contenuto della prova concorsuale rappresenti un dato personale e in quanto tale deve essere tutelato, sicché la sua ostensione può divenire ragione di diniego all’accesso civico generalizzato.

L’accesso civico generalizzato agli elaborati dei partecipanti alla procedura concorsuale.

In relazione all’accesso civico generalizzato lo stesso art. 5-bis del D.Lgs 33/2013 dispone che l’accesso civico deve essere rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a).

Ai fini della valutazione dell’ostensione dei dati personali (contenuti nei documenti oggetto della richiesta di accesso) deve tenersi conto del fatto che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013).

Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che, in generale, va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Ciò premesso, con riferimento alle procedure concorsuali, il contenuto delle risposte fornite da un candidato in una prova concorsuale (fra cui anche un compito scritto o l’elaborato richiesto nel concorso in esame che prevede la «redazione di progetti, individuazione di iter procedurali o percorsi operativi, soluzioni di casi, elaborazione di schemi di atti, simulazioni di interventi» nelle materie indicate dal bando) riflette il relativo livello di conoscenza e di competenza in un dato settore, nonché i suoi processi di riflessione, il suo giudizio e il suo spirito critico, indicando anche molteplici aspetti di carattere personale circa le caratteristiche individuali relative, ad esempio, alla preparazione professionale, alla cultura, alle capacità di espressione o al carattere della persona (che costituiscono aspetti valutabili nella selezione dei partecipanti).

D’altronde, il contenuto del compito scritto ha esattamente la funzione di consentire la valutazione delle capacità professionali del candidato e della sua idoneità a esercitare il mestiere di cui trattasi

Pertanto, il Garante conferma che il Comune abbia correttamente rifiutato l’accesso civico generalizzato alla copia degli elaborati scritti del concorso pubblico.

Ciò in quanto l’ostensione dei predetti documenti – considerando la descritta tipologia e natura dei dati e delle informazioni personali contenuti negli elaborati scritti nonché il particolare regime di pubblicità dei dati e documenti oggetti di accesso civico – è suscettibile di determinare, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013, causando inoltre un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti controinteressati, con possibili ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e professionale personali (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013).

Ciò anche considerando le ragionevoli aspettative di confidenzialità dei controinteressati che hanno superato le prove in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dal Comune, nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti a quest’ultimi dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei documenti richiesti tramite l’accesso civico e dall’eventuale trattamento da parte di terzi non autorizzati per finalità non conosciute o conoscibili dai soggetti interessati (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

L’anonimizzazione delle prove prima dell’ostensione e il diniego del Garante

Con autonoma motivazione il Garante ha anche disposto che l’oscuramento del nominativo del concorrente a cui si riferisce la singola prova non è sufficiente a tutelare la persona fisica rispetto alla possibilità di risalire all'autore.

Tale accorgimento, infatti, non costituisce un’idonea tecnica di anonimizzazione degli elaborati, visto che le informazioni in essi contenuti non smetterebbero, in tal modo, di essere considerati dati personali ai sensi dell’art. 4, par. 1, n. 1, del RGPD. Come, infatti, evidenziato al riguardo anche dalla Corte di Giustizia UE, le informazioni contenute nelle risposte scritte a un esame professionale, sono di tipo personale indipendentemente dal fatto che, ad esempio, la correzione dei compiti delle procedure concorsuali avviene in modo anonimo (nel senso che l’esaminatore non conosce l’identità del candidato). Ciò in quanto l’ente che ha organizzato il concorso, dispone, per contro, delle informazioni necessarie che gli consentono di identificare i candidati senza difficoltà o dubbi.

Anche senza tali informazioni, peraltro, nella misura in cui la prova viene scritta su carta (come nel caso esaminato), anche la grafia costituisce un dato personale.

L’ipotesi dell’accesso documentale di cui all’art. 241/1990.

Nel caso in esame, va invece tenuto conto che il soggetto istante dichiara di essere un partecipante alla procedura concorsuale.

Al riguardo, si deve rilevare che la specifica disciplina contenuta nel richiamato art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 non pregiudica in alcun modo la possibilità di esercitare il diverso diritto di accesso ai documenti amministrativi sugli atti delle procedure concorsuali pubbliche (compreso i compiti scritti), ai sensi degli artt. 22 ss. della legge n. 241/1990.

Ciò chiaramente da parte di partecipanti al concorso che hanno dimostrato di possedere un interesse qualificato – motivato nell’istanza di accesso agli atti amministrativi (a differenza dell’accesso civico che non deve essere motivato) – ossia di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

Come evidenziato da questa Autorità e dall’ANAC, infatti, non bisogna confondere i due tipi di accesso disciplinati dal d. lgs. n. 33/2013 e dalla l. n. 241/1990, in quanto «L’accesso generalizzato deve essere […] tenuto distinto dalla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 [che] continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi.

Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni». (par. 2.3. delle Linee guida in materia di accesso civico, cit.).

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