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Videosorveglianza e Intelligenza Artificiale: l’intervento del Garante della Privacy su progetto di ricerca carente dei presupposti di liceità.
Il Garante della Privacy ha pubblicato, il giorno 11 gennaio 2024, il provvedimento sanzionatorio 997720 con il quale ha comminato una sanzione ad un Comune capoluogo di Regione per un importo di 50.000,00 euro per avere trattato dati nell’ambito di due progetti di ricerca di smart cities senza i presupposti di liceità.
La questione trattata.
Come si evince dall’esame del provvedimento il Garante è intervenuto d’ufficio dopo avere appreso dalla stampa l’avvio di due progetti, finanziati con fondi europei, che avevano come obiettivo lo sviluppo di soluzioni tecnologiche volte a migliorare la sicurezza in ambito urbano, secondo il paradigma delle “città intelligenti” (smart cities).
L’ente aveva infatti sviluppato ben due progetti.
Il primo progetto era denominato Marvel (“Multimodal Extreme Scale Data Analytics for Smart Cities Environments”) e prevedeva l’acquisizione di filmati dalle telecamere di videosorveglianza già installate nel territorio comunale per finalità di sicurezza urbana, nonché dell’audio ottenuto da microfoni appositamente collocati sulla pubblica via. I dati, secondo il progetto, dovevano essere immediatamente anonimizzati dopo la raccolta, mentre l’istruttoria del Garante ha accertato che tale anonimizzazione non era efficace. I dati raccolti (video e audio), venivano analizzati per rilevare in maniera automatizzata, mediante tecniche di intelligenza artificiale, eventi di rischio per la pubblica sicurezza.
Il secondo progetto era denominato Protector (“PROTECTing places of wORship”). Con tale soluzione l’Ente procedeva non solo all’acquisizione dei filmati di videosorveglianza (senza segnale audio), ma anche alla raccolta e all’analisi di messaggi e commenti d’odio pubblicati sui social, rilevando eventuali emozioni negative ed elaborando informazioni d’interesse per le Forze dell’ordine, allo scopo di identificare rischi e minacce per la sicurezza dei luoghi di culto.
Le mancanze rilevate dal Garante.
Con riferimento ai progetti illustrati, l’Autorità ha innanzitutto accertato la carenza di una base giuridica lecita per il trattamento dei dati effettuato dall’Ente.
Il Comune aveva infatti inserito il progetto ed il relativo trattamento nelle finalità di ricerca scientifica. Il Garante della Privacy ha tuttavia precisato che il Comune non annovera la ricerca scientifica tra le proprie finalità istituzionali e, conseguentemente, non emergeva una base giuridica idonea al trattamento dei dati personali relativi anche a reati e a categorie particolari dei dati.
Tenuto conto che i dati venivano condivisi anche con soggetti terzi, tra cui i partner di progetto, i trattamenti effettuati sono stati quindi ritenuti illeciti dal Garante.
Inoltre il Garante ha contestato un’altra ragione di illiceità nel trattamento dei dati. Si sono infatti rivelate insufficienti le tecniche di anonimizzazione impiegate dall’Ente per ridurre i possibili rischi di reidentificazione per gli interessati.
In particolare, nell’ambito del progetto Marvel, sul presupposto che i microfoni installati sulla pubblica via possono captare anche conversazioni, il Comune ha affermato che “l’anonimizzazione dei dati audio consiste nella sostituzione della voce del parlante, mantenendo quanto più inalterate possibile le caratteristiche del segnale audio, incluso il contenuto semantico del parlato”.
Al riguardo, il Garante ha osservato che la sola sostituzione della voce del soggetto parlante non è in alcun modo idonea ad anonimizzare i dati personali correlati a una conversazione, atteso che dal contenuto della stessa è possibile ricavare informazioni relative sia al soggetto parlante sia a terzi e che tali informazioni possono rendere identificabile il parlante, i suoi interlocutori o i soggetti terzi a cui si fa riferimento nel discorso.
Oltre a ciò si deve osservare che, tenuto conto dell’ampia varietà di argomenti che vengono usualmente affrontati nelle conversazioni, non possono essere a priori esclusi trattamenti di dati personali relativi a reati o a categorie particolari o comunque riguardanti soggetti vulnerabili (minori, lavoratori, soggetti fragili, ecc.).
Per quanto attiene ai file video utilizzati nell’ambito dei progetti “Marvel” e “Protector”, il Comune ha affermato che la tecnica di anonimizzazione impiegata consiste unicamente nell’offuscamento dei volti delle persone e delle targhe dei veicoli ripresi. Anche in questo caso, tale tecnica non può ritenersi idonea ad assicurare l’effettiva anonimizzazione dei dati, atteso che gli interessati sono comunque potenzialmente identificabili tramite altre caratteristiche fisiche o elementi di contesto (come, ad esempio, corporatura, abbigliamento, posizione nella scena filmata, caratteristiche fisiche particolari, ecc.) o informazioni detenute da terzi (come, ad esempio, notizie di stampa relative a fatti di cronaca, informazioni fornite da persone presenti nella scena filmata, ecc.) o ancora informazioni desumibili, ad esempio, dalla localizzazione della telecamera (aree prospicienti determinati esercizi commerciali, studi medici o scuole) o, infine, informazioni relative al percorso effettuato da una determinata persona individuata nelle immagini video mediante le predette caratteristiche fisiche e gli elementi di contesto, stante la possibilità di seguire i suoi spostamenti fra le diverse telecamere installate.
Deve, a tal proposito, osservarsi che per “identificazione”, “non si intende solo la possibilità di recuperare il nome e/o l’indirizzo di una persona, ma anche la potenziale identificabilità mediante individuazione, correlabilità e deduzione” (Gruppo di Lavoro Art. 29, “Parere 05/2014 sulle tecniche di anonimizzazione”, WP216).
Il Garante ha avuto modo di ribadire, ancora una volta che il dato anonimo è, invece, tale solo se non consente in alcun modo l’identificazione diretta o indiretta di una persona, tenuto conto di tutti i mezzi (economici, informazioni, risorse tecnologiche, competenze, tempo) nella disponibilità di chi (titolare o altro soggetto) provi a utilizzare tali strumenti per identificare un interessato.
Infine il Garante ha evidenziato criticità anche sotto il profilo della trasparenza. Il Comune non aveva infatti compiutamente descritto i trattamenti nelle informative di primo (cartelli informativi) e di secondo livello, come la possibilità che anche le conversazioni potessero essere registrate dai microfoni installati sulla pubblica via.
Inoltre, nonostante i due progetti comportassero l’impiego di nuove tecnologie e la sorveglianza sistematica di zone accessibili al pubblico, il Comune non ha comprovato di aver effettuato una valutazione d’impatto prima di iniziare il trattamento.
Le conseguenze operative applicabili
L’esame del provvedimento del Garante riporta nuovamente l’attenzione sulla necessità, innanzitutto, di non sottovalutare le misure necessarie per garantire il corretto trattamento dei dati trattati con la videosorveglianza.
Il provvedimento del Garante, poi, evidenzia ancora una volta la cautela che deve essere posta nell’adottare nuove tecnologie che trattano dati delle persone fisiche in modo automatizzato e su larga scala, in assenza di basi giuridiche che ne autorizzino il trattamento e senza un approfondito esame delle misure che devono essere adottate e dei limiti nel trattamento.
In tal senso l’Intelligenza artificiale applicata alla videosorveglianza ha reso espliciti i limiti nel bilanciamento con la tutela dei diritti delle persone fisiche.
Ciò non vuol dire che l’AI non debba essere utilizzata. Ma significa che in questa prima fase di applicazione deve essere attentamente valutata la sua concreta applicazione.
In tal senso diverrà dirimente il contenuto dell’ Artificial Intelligence Act (AI Act) che sta per essere adottato, nella versione definitiva, dalla Commissione europea, e che regolerà l’utilizzo dell’IA anche da parte della Pubblica Amministrazione in situazioni simili a quella affrontata dal Garante.