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Un recente intervento del Garante della Privacy (pubblicazione del 24 gennaio 2024 doc. web 9981555) offre lo spunto per fornire indicazioni operative nella valutazione delle richieste di accesso civico generalizzato che possono pervenire all’ente rispetto alla tutela del dato personale.
L’accesso civico generalizzato in sintesi.
L’istituto dell’accesso civico generalizzato è disciplinato dall’art. 5 comma 2 del d.Lgs 33/2013 in forza del quale “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis”.
In relazione al rapporto con la tutela del dato personale, l’art. art. 5-bis prevede che l’accesso civico generalizzato è “rifiutato”, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (comma 2, lett. a).
E’ importante ricordare che i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.
È poi necessario rispettare, in ogni caso, i principi del RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c).
L’accesso civico ai verbali della polizia, ai procedimenti sanzionatori, alle pratiche edilizie.
I principi generali sopra indicati vanno declinati alle ipotesi di accesso formulate alla pubblica Amministrazione sulle quali si espresso il Garante della Privacy in una serie di provvedimenti in materia che consentono, oggi, di definire una linea piuttosto chiara nella comparazione dell’interesse alla trasparenza e al controllo diffuso proprio dell’accesso civico generalizzato con il diritto alla tutela dei dati personali contenuti nei documenti e negli atti detenuti dalla P.A. e di cui viene richiesta copia.
Il Garante della Privacy si è infatti espresso su richieste di accesso relative a verbali di Polizia Locale (ad es. relativa ai verbali di sopralluogo) a documentazioni relative a CILA e SCIA, come a permessi a costruire o a provvedimenti relativi a sanatorie edilizie.
In tutti i casi descritti, nei documenti si rinvengono non solo i dati personali anagrafici (es.: nome e cognome) che potrebbero essere facilmente oscurati, ma anche ulteriori informazioni di carattere privato (relative, ad es. alla proprietà immobiliare, all’aver effettuato interventi edilizi, all’aver scelto una specifica impresa, all’aver effettuato un illecito amministrativo ripristinando lo stato dei luoghi e ricevendo una sanzione amministrativa).
Il Garante ha dato evidenza del fatto che il soggetto interessato dal trattamento dei dati non sempre desidera portare a conoscenza di soggetti estranei tali informazioni, sicché l’ostensione degli stessi tramite l’accesso civico generalizzato potrebbe arrecare, in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi e tenendo conto anche del particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.
Bisogna tenere infatti in considerazione anche le ragionevoli aspettative di confidenzialità del privato al momento in cui l’amministrazione ha raccolto le relative informazioni, nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti tramite l’accesso civico per ulteriori finalità non conosciute (né conoscibili) dai soggetti controinteressati (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).
Alla presenza delle condizioni suddette, che solitamente caratterizzano i tipi di documenti e atti descritti nel titolo, si paventa la possibilità di andare incontro ad un serio che impedisce di accordare anche un accesso civico parziale (art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013), fornendo la copia dei documenti richiesti privi del nominativo dei soggetti controinteressati.
Tale accorgimento, infatti, non elimina la possibilità che i soggetti controinteressati siano identificati indirettamente tramite gli ulteriori dati di contesto e informazioni di dettaglio contenuti nella documentazione richiesta.
L’alternativa dell’accesso documentale.
Come ribadito anche dal Garante nel provvedimento citato, resta ferma, in ogni caso, ogni ulteriore valutazione dell’amministrazione in ordine alla possibilità che i dati personali per i quali sia stato negato l’accesso civico possano essere resi ostensibili, laddove sia riscontrata l’esistenza di un interesse “qualificato” del soggetto istante – ossia di «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso» – ai sensi del diverso istituto dell’accesso ai documenti amministrativi secondo gli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 7/8/1990.