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Il Garante della Privacy, con un provvedimento sanzionatorio (dell’importo di 10.000 euro) nei confronti di un ente locale di grandi dimensioni, si è nuovamente espresso in relazione alla modalità di gestione dei dati per i cosiddetti cimiteri dei feti; link:
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/10104750)
Il caso
Nella apposita sezione del cimitero comunale, in molti casi, le sepolture riportavano il medesimo nome di fantasia attribuito convenzionalmente ai feti insieme al cognome della madre e alla data di interruzione di gravidanza (riportata come data di nascita/morte coincidente).
Ciò accadeva anche nei casi in cui i parenti non avevano richiesto, per i prodotti abortivi e del concepimento, la sepoltura né indicato i dati da riportare sulla stessa.
Da quanto riportato negli articoli di stampa, “si tratta di feti o “prodotti abortivi” o “prodotti del concepimento”, “aborti spontanei o volontari (Ivg) prima della 20esima settimana di gestazione. E sepolti, quasi sempre, senza che le donne ne sappiano nulla”.
L’illegittimità individuata dal Garante della Privacy
Il Garante ha evidenziato che nel caso indicato il Comune aveva di fatto “diffuso dei dati” in assenza di presupposti normativi, o di regolamento, o di consenso, da parte dei soggetti interessati, che giustificassero tale trattamento.
L’Autorità ha pertanto ritenuto illecita la diffusione di tali dati, perché effettuata in assenza di una base giuridica e in violazione del divieto di diffusione di dati sulla salute, tra i quali rientra l’informazione sull’interruzione di gravidanza.
Il Garante, poi, ha ricordato che l’indicazione del cognome della donna o del marito o del compagno, accanto al nome convenzionale attribuito al feto e alla data dell’interruzione di gravidanza può consentire, mediante il raffronto, l’incrocio con altre fonti, o informazioni di contesto, l’identificazione della donna che ha effettuato l’interruzione di gravidanza. Inoltre, in base alla normativa di settore, l’indicazione di nome, cognome e data del decesso è necessaria per identificare esclusivamente i “defunti” e i “nati morti”.
Quali misure adottare?
A fronte dell’illecito accertato, nel caso di specie il Comune, per rimediare alle violazioni contestate, ha adottato, nel corso dell’istruttoria, diverse misure correttive, tra le quali:
- la copertura delle targhette esistenti e l’uso di un sistema di codici per l’identificazione delle sepolture;
- la limitazione dei dati accessibili sul portale web e l’eliminazione della dicitura “feti e nati morti”;
- l’implementazione di una documentazione più rigorosa per le richieste di sepoltura in forma singola dei feti da parte dei parenti.
Il secondo provvedimento emesso dal Garante sul tema del trattamento dei dati relativamente ai servizi cimiteriali, e in particolare al cosiddetto cimitero dei feti, deve essere attentamente preso in considerazione da ogni Ente che renda tale servizio.